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Nell'Italia dei Dpcm è ipocrita appellarsi all'aiuto delle opposizioni

Riccardo Mazzoni
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L’emergenza Covid ha riproposto una questione politica antica, ossia la dittatura della maggioranza teorizzata per primo da Alexis de Tocqueville nell’Ottocento e poi ripresa da tutti i grandi pensatori del pensiero liberale sul valore delle minoranze nello Stato moderno, da Kelsen a Bobbio. Volare così alto ai tempi di Conte e Casalino può apparire improprio, ma ripassare le regole fondamentali della democrazia non è mai superfluo, nel momento in cui il 56 per cento degli italiani non ritiene più il sistema parlamentare adeguato al governo del Paese.

Nulla di sorprendente: questo è il frutto avvelenato di una lunga predicazione qualunquista, quella che ha portato il grillismo al governo, insieme alla democrazia diretta e al virus dell’autoritarismo di velluto incarnato alla perfezione da Conte, e qui vale la pena ricordare quanto scriveva Calamandrei agli albori della Repubblica: “Le forme di sprezzante rifiuto, con le quali la maggioranza ostenta di non degnarsi neppure di discutere gli argomenti dell’opposizione, mi sembrano, per la sorte del sistema parlamentare, più pericolose delle reazioni violente”. Un monito che oggi trova giustificazione, forma e sostanza nella realtà di una Repubblica ormai fondata sui Dpcm, di un Parlamento sepolto dai decreti legge blindati e dei diritti delle minoranze sistematicamente calpestati in nome, appunto, dell’emergenza sanitaria.

Se questo non bastasse, al danno si aggiunge la beffa del capovolgimento del principio di responsabilità: se il Covid ha ripreso vigore, se la seconda ondata era stata ampiamente prevista ma si sono persi mesi preziosi per mettere in sicurezza il Paese, molti autorevoli commentatori criticano sommessamente il governo, ma allo stesso tempo mettono sul banco degli imputati il comportamento dei cittadini e quello delle opposizioni, con uno strabismo che stravolge la realtà. Per questo suonano ipocriti gli appelli, come quello di Veltroni ieri sul Corriere, il quale invoca, nel rispetto dei ruoli, “uno strumento di permanente consultazione e condivisione delle scelte fondamentali” tra maggioranza e opposizioni, perché “ci sono contingenze, nella storia di un Paese, in cui le ragioni di parte dovrebbero essere superate dagli interessi generali”. Ma dopo aver criticato Conte per le telefonate ai leader della minoranza un minuto prima di andare in televisione, ecco la stilettata contro i capi del centrodestra “che non perdono occasione per manifestazioni, proteste, o festeggiamenti in Parlamento di voti mancanti a provvedimenti per combattere l’epidemia”. Senza però specificare che quei voti ci sono stati, eccome, senza alcuna contropartita, per due scostamenti di bilancio, e che le offerte di collaborazione sono state sempre ignorate dal politburo di Palazzo Chigi con l’assenso di una maggioranza troppo debole per poter aprire un vero confronto nell’interesse del Paese. E senza ricordare che nel pieno della pandemia, ad aprile, il premier mosse in diretta televisiva un attacco frontale senza precedenti nella storia repubblicana contro Salvini e Meloni, affermando compiaciuto che “questa volta farò nomi e cognomi”.

Fu un vero e proprio comizio politico senza contraddittorio a reti unificate, ma anche uno schiaffo istituzionale ai ripetuti appelli di Mattarella alla coesione nazionale. Appelli che, ad esempio, Berlusconi ha ripetutamente accolto e rilanciato, offrendo in più occasioni la disponibilità a mettere in campo un’azione comune “per far ripartire l’Italia prima che sia troppo tardi”. Ma anche il Cavaliere si è dovuto arrendere all’evidenza che, se questo non è accaduto, è stato solo per volontà del governo “che ha preso in considerazione pochissime delle nostre proposte”. In questo clima, il tavolo permanente dei gruppi parlamentari proposto ieri dal presidente dei senatori pd Marcucci, quindi, sembra più un espediente per placare la polemica sul voto a distanza che per coinvolgere davvero l’opposizione nella gestione della crisi. Di fronte a un governo che si è preso i pieni poteri, l’opposizione non può che fare il suo mestiere, e chi ha seminato vento, ora si prepari a raccogliere da solo la tempesta in arrivo.

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