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I dubbi di Musumeci: il rischio lockdown non è scomparso

Francesco Storace
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In fondo al tunnel il rischio lockdown generale c’è ancora, aldilà di tutte le «rassicurazioni». È il timore del governatore della Sicilia, Nello Musumeci, che ha trascorso ore e ore di confronto con i suoi colleghi e con Conte & ministri sulle misure varate poi in serata.

Toni fermi tra «le parti» ma poi – racconta Musumeci – «è prevalso un grande senso di responsabilità. L’obiettivo era quello di raggiungere un accordo sulle cose più importanti da fare, a partire dal diritto alla scuola e al lavoro e alla tutela della salute». «È evidente che ci vuole lo scaglionamento degli orari a scuola per evitare trasporti senza regole». E sul lavoro, «senza pretese miracolistiche», l’intesa parla di uno smart working fino ad un massimo del 70 per cento, «non tutte le pubbliche amministrazioni, ad esempio, sono attrezzate per quel tipo di risultato». «C’è un’organizzazione delle strutture che risente di antiche inadeguatezze, il lavoro da casa non è una soluzione per tutti e non lo è ovunque». «Faccio l’esempio dei nostri uffici regionali: utile per alcune attività, ma altri comparti vanno in sofferenza e noi i servizi ai cittadini li dobbiamo comunque garantire».

Quel che preme di più al governatore della Sicilia è il contrasto al Covid. In questo colloquio con Il Tempo, Musumeci affronta l’argomento con nettezza e orgoglio per il lavoro che sta svolgendo con l’assessore alla salute dell’isola, Ruggero Razza: «Stiamo facendo screening per individuare i soggetti positivi e isolarli dalla popolazione. Due milioni di tamponi rapidi e nelle scuole anche i test salivari». Ma pure le zone rosse. «Certo, ho dovuto istituirne quattro in presenza di criteri evidenti di rischio di diffusione pericolosa della malattia. Poi, abbiamo creato cinture di protezione per le tre aree metropolitane – Palermo, Catania e Messina – per intervenire sui territori più vasti con politiche di prevenzione. A questo aggiungiamo le Uscar per la medicina territoriale che mai come in questo caso deve agire più efficacemente di quella ospedaliera». Intervenire «per aree omogenee è la soluzione migliore».

Poi, il governatore parla del rischio di un nuovo lockdown. «So bene che ora tutti fanno a gara per dire che non ci sarà, ma io lo temo. Attualmente forse non ci sono ancora le condizioni, ma abbiamo il dovere di prepararci, senza illusioni. Questa storia del Covid durerà almeno fino al prossimo anno, mettiamocelo in testa». «Ma stavolta, a differenza dei mesi scorsi, ci aspettiamo – aggiunge Musumeci – che lo Stato metta sul tavolo le risorse necessarie per ristorare quanti dovranno restare con le attività ferme. Ed è la sollecitazione di tutte le regioni». «È chiaro che bisogna spendere anche per la sanità, e ho preso atto con soddisfazione della nomina appena ricevuta: il commissario Arcuri mi ha incaricato di provvedere con i poteri speciali a mettere le cose a posto, a partire dalle terapie intensive. In queste ore abbiamo cominciato la ricognizione del territorio e lavoreremo per istituire almeno 400 terapie intensive: altrimenti combatteremmo a mani nude».

Aggiunge il governatore. «I cittadini non si sentano soli e si fidino delle istituzioni, a partire dal territorio, non possiamo mettere certo un carabiniere per ogni autobus, le regole di distanziamento sono una necessità ineludibile». La domanda sulla scuola è inevitabile. Chi ha ragione tra la ministra Lucia Azzolina e il governatore Vincenzo De Luca in Campania? «Non manco certo di rispetto al mio collega campano, ma ho un’opinione netta. Le scuole sono l’ultimo spazio da chiudere. I bambini non possono essere reclusi in casa, hanno diritto a formarsi e anche a divertirsi con i loro amici. Anche perché la didattica a distanza impone come conseguenza una riorganizzazione sociale per tutte le famiglie. Sì, per i più grandi si può anche pensare a lezioni da remoto, ma non è la soluzione».

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