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Prigionieri in Sardegna. Il silenzio del governo sui turisti contagiati e beffati

Francesco Storace
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In Sardegna la quarantena se la sono dovuti pagare di tasca loro. Sono turisti – a centinaia - che erano partiti verso l’isola con una gioia enorme e poi sono precipitati nella disperazione. E non perché le strutture ricettive non fossero all’altezza. La Sardegna è diventata talmente ospitale – ci dice uno di loro – «che ci vogliono tenere qui chissà quanto tempo. Ma i soldi sono i nostri», dice uno dei vacanzieri romani ancora oggi «reclusi» nell’isola. 

Quella vacanza che era un sogno si è pian piano trasformata in un autentico incubo, perché improvvisamente i turisti sono stati trasformati in untori da quei maledetti tamponi. Tantissimi villeggianti costretti a rimanere a spese loro nell’isola perché impossibilitati a tornare a casa causa Covid. Appestati. Prigionieri. Con un dettaglio di non poco conto: i quattrini da cacciare sono progressivamente diventati tanti per almeno una cinquantina di loro, romani compresi e increduli rispetto a quello che succedeva. Senza trovare ascolto da nessuno dall’altra parte del mare, sulla Penisola.

Ad agosto erano almeno 180, costretti a prolungare la «vacanza» e pagare una permanenza obbligata negli alberghi. Diventata poi dispendiosa assai al finire della stagione estiva, quando le strutture turistiche devono chiudere. E se vuoi restarci paghi. Perché certo non ti possono lasciare senza vettovaglie, né personale.
Con alcuni casi-limite che fanno davvero riflettere sulla crudeltà e l’insensibilità di chi – da Palazzo Chigi – si è messo a dettare regole impraticabili. Ad una signora è capitato di dover sborsare ottomila euro di albergo per poter restare a causa della quarantena. Peggio ancora ad un’altra famiglia: se ne stavano tranquillamente, genitori e figli, in barca a vela nel golfo di Capriccioli, vicino a Porto Cervo, quando hanno ricevuto la visita di una cugina di famiglia. Che però era positiva al test del Covid. Risultato, tutti infettati e hanno dovuto prendere una villa in affitto: immaginabile il costo.

A questo si aggiungano le situazioni professionali compromesse, con i vari studi costretti al lockdown prolungato per assenza del titolare in Continente. Si potrebbe pubblicare un’enciclopedia del lavoro perduto...

Eppure il governo è stato chiamato alle sue responsabilità dal presidente della regione Solinas, per aiutare quelle famiglie a poter rientrare in casa, magari con aerei militari e tutte le precauzioni del caso. 

No, Palazzo Chigi ha preteso dalle Regioni – con un decreto legge - di allestire centri di raccolta per le persone contagiate dal Covid. E a quanto si è appreso, lo stesso Solinas si è dato da fare per venire incontro alla richiesta di Roma ma quelle famiglie volevano solo tornare a casa loro. Il che, francamente, era anche comprensibile.
La proposta della regione Sardegna – alla quale non è seguito uno straccio di risposta, che certo non è un segnale di buona creanza istituzionale – era proprio quella di organizzare un volo militare per consentire il rientro dei turisti nei rispettivi territori. E invece il governo ha costretto quei cittadini a pagare a caro prezzo ulteriori costi per la permanenza forzata nell’isola. O andate dove vogliamo noi o sono problemi vostri. Malati e beffati.

Nel frattempo, in cinica coincidenza, la Sardegna è stata allietata da numerosi sbarchi clandestini: circa cinquecento migranti sono arrivati con barche e barconi durante la stagione estiva e con la modifica dei decreti sicurezza le conseguenze sono note. 

I tempi di sosta dei clandestini nei centri di permanenza per il rimpatrio (CPT) come quello di Macomer passano da 180 a 90 giorni: e si parla – spiegano le nostre fonti - di un centro pieno di tossicodipendenti sostenuti e sedati con medicinali costosi a carico dell’erario. Essi, dopo 90 giorni, grazie alle scellerate svolte, sono lasciati liberi di circolare, senza controlli. I turisti italiani sono invece abbandonati a se stessi. È una storia poco edificante dell’Italia che non cambia mai. Il cittadino resta l’ultimo della catena.
 

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