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Il governo usa i suoi errori per restare a Palazzo Chigi

Riccardo Mazzoni
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Il governo dei pieni poteri, ma soprattutto dei ritardi e delle improvvisazioni, ha costantemente inseguito il virus lanciando messaggi contraddittori, dal peccato originale della mancata zona rossa nella Bergamasca fino alle discoteche aperte e richiuse e alla pantomina dei banchi a rotelle e delle rime buccali tra i banchi di scuola. Una babele di errori grazie alla quale, ora, si arriva a mettere in dubbio perfino le elezioni di settembre, e quindi i fondamenti stessi di una democrazia già abbondantemente calpestata a colpi di Dpcm.

Siamo veramente al colmo: usare i propri errori per allungarsi la vita. Un governo irresponsabile, una concezione del potere che scarica tutto sui sudditi, siano questi i sindaci o i presidi per la scuola, o gli imprenditori, costretti ad anticipare la cassa integrazione e poi accusati di fare i furbi. Ma il fallimento del governo non può diventare anche il fallimento del Paese.

I tamponi sono tuttora insufficienti, e il tracciamento attraverso l’App Immuni è stato un flop, per cui la strategia delle tre “t” (test, tracciamento, trattamento) per monitorare l’andamento del Covid dopo la prima ondata pandemica, non ha funzionato. Si colpevolizzano i nostri ragazzi ma allo stesso tempo si lasciano scorrazzare per il Paese migliaia di immigrati, molti dei quali positivi al Covid. Ogni giorno fa registrare il drammatico bollettino degli sbarchi a Lampedusa, delle fughe dai centri di accoglienza e delle proteste di sindaci, governatori e sindacati di polizia per un’emergenza ormai palesemente fuori controllo. Il governo però tace, mentre l’unica preoccupazione del comitato tecnico scientifico è di minimizzare l’impatto dei migranti sui nuovi focolai di contagio. Si fa terrorismo sulla riapertura delle scuole e si nascondono i problemi sociali, sanitari e di ordine pubblico legati al flusso ininterrotto di clandestini.

Come sta avvenendo in Sicilia, in Calabria, in Friuli e anche in Sardegna, forse il caso più emblematico dell’inadeguatezza del governo rossogiallo: quando il governatore Solinas chiese l’istituzione del passaporto sanitario, con i tamponi ai passeggeri diretti verso l'isola prima delle partenze, gli fu opposto un secco no, come se fosse un pericoloso avventuriero, ma furono così spalancate le porte al virus in una regione praticamente Covid free, e soltanto ora, contraddicendo quanto affermato fino alla settimana scorsa, si fanno i tamponi negli scali.

In questo caos molto poco calmo, il prolungamento dello stato d’emergenza – unico caso in Europa - ha costituito in tutta evidenza un altro pessimo segnale lanciato al mondo, e soprattutto agli investitori internazionali: un micidiale danno d’immagine per un Paese che avrebbe la massima urgenza di ripartire, essendo il peggiore in termini di crescita tra i 42 Stati più industrializzati.

Conte deve smettere quindi di scherzare col fuoco: gli italiani nei mesi del lockdown sono stati disciplinati oltre ogni previsione, hanno penato per il diritto alla cassa integrazione - e c’è chi ancora la aspetta -, hanno dovuto abbassare le saracinesche dei negozi, chiudere imprese per gli aiuti mai arrivati, si sono messi in fila per i prestiti delle banche come se fossero tutti imprenditori falliti, hanno subito l’onta della scarcerazione dei boss, il bavaglio alle manifestazioni non gradite, le multe ai commercianti disperati. Hanno accettato tutto questo stoicamente - perfino la passerella vanagloriosa e inutile degli Stati Generali - ma non possono continuare a pagare sulla propria pelle gli errori di un governo che è il vero “debito cattivo” perché sta minando la coesione sociale e allontanando la ripresa economica. La democrazia non può vivere in uno stato d’emergenza permanente, commissariata da virologi che occupano le televisioni dicendo tutto e il contrario di tutto, e non è un caso se uno di loro si è candidato alle regionali in Puglia. Quando Ricciardi, il grillo parlante del rinvio delle elezioni, ha fatto la sua sparata in tv, in molti si sono chiesti: ma questo chi lo ha eletto? Una domanda che certifica perfettamente lo stato di salute della democrazia italiana.

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