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Discoteche chiuse, nessun dato sui contagi nei locali ma Conte mette i padri contro i figli

Franco Bechis
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Domenica sera ero a cena con la mia famiglia in un piccolo comune su una collina della Maremma. Arrivato lì per caso ho trovato posto a un tavolo della unica trattoria del paese, e a debita distanza c'erano altre tavolate di commensali piuttosto anziani. Molti con la mascherina su naso e bocca anche seduti al loro tavolo, pronti a togliersela quando arrivavano i piatti ordinati, e a ricalzarla sul viso in attesa del successivo. Eravamo all'aperto, su una terrazza naturale del paese a picco sui vigneti di Morellino. Un eccesso di prudenza (le regole sia pure da poche ore divenute più stringenti non obbligavano nessuno a indossare la mascherina a tavola), indicativo del timore che c'è in tantissimi italiani e in particolare in quelli un po' più avanti negli anni.

A colpirmi però sono state le loro conversazioni, che non ho potuto fare a meno di orecchiare. “Sono dei disgraziati questi ragazzi che vanno in discoteca”, si indignava una signora elegante, e la commensale annuiva: “ci infetteranno tutti, i ragazzi se ne fregano e sono irresponsabili”, una terza confermava: “Io mi tengo lontana da tutti i giovani: avete visto i tg? Sono loro che stanno facendo ritornare il coronavirus solo per andare a ballare o in qualche festa...”. Anche in altri tavoli si parlava di quello e un signore più informato degli altri provava a tranquillizzare le donne: “Conte ha appena fatto un dpcm che chiude tutte le discoteche, ora i giovani non possono più andarci”.

E in effetti era andata più o meno così (questa volta niente dpcm, ma ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza). Ma a colpirmi era il terrore che stavano vivendo quelle persone, provocato da quel che avevano sentito nei tg di Stato e forse su qualche giornale che avevano letto. Ho sentito spesso considerazioni di questo tipo negli ultimi giorni, ed è triste vedere come queste informazioni e soprattutto il modo di darle stiano dividendo gli italiani, mettendo l'una contro l'altra le generazioni. E sono preoccupato non del coronavirus, ma degli effetti di questo terrore perché ad accenderlo è stata una manina spregiudicata. Anzi, più di una: quella del premier, Giuseppe Conte e di gran parte di quella armata Brancaleone che è ormai la sua maggioranza.

Ieri sono scesi un po' i contagi (perché hanno fatto meno test e tamponi), e ci sarà pure chi rivendicherà i numeri più miti come conseguenza della nuova serrata (quella delle discoteche all'aperto) che si accompagna al coprifuoco della mascherina anche all'aperto fra le 18 e le 6 del mattino. Misure prese alla carlona (alle 17 - ora della merenda estiva- nessuno si infetta? Alle 7 del mattino il Covid va a riposare come i lavoratori notturni?) che hanno il solo scopo di soffiare suil terrore. Perché come i giacobini Maximillien de Robespierre, Louis Saint-Just e Georges Couthon i nostri governanti fondano da mesi il loro traballante potere sulla paura altrui. Auguro loro di non fare la stessa fine e conservare la testa sul collo, ma auguro anche a tutti gli italiani di non dovere attendere un anno e mezzo per scrollarsi di dosso un regime che ricorda troppo quella era storica.

Da mesi il governo con i suoi collaboratori stordisce gli italiani con numeri quotidiani sul Covid 19, vantandosi pure dell'operazione trasparenza. In realtà di adamantino non c'è proprio nulla in quelle comunicazioni: numeri a casaccio, dati in pasto a un pubblico che non è in grado di comprenderli e valutarli, elaborati da colleghi giornalisti che ne sanno ancora meno e confondono ancora più le idee, ma si bevono la sbobba preconfezionata dal regime.

Ad esempio: quanti sono i contagi che oggi derivano da feste in discoteche all'aperto che hanno determinato la decisione della loro improvvisa chiusura? Quanti percentualmente rispetto ai partecipanti a quelle serate? E quanti sono i contagi che arrivano dagli sbarchi di immigrati clandestini e dalla loro successiva gestione evidentemente non esemplare (in Veneto ad esempio)? Quanti sono percentualmente rispetto agli arrivi di migranti? E quanti contagi, con la loro incidenza percentuale ben evidenziata, vengono dalla movida 18-6 del mattino delle nostre città e paesi? Se predicate trasparenza, dateci quei numeri per motivare ogni decisione presa. Altrimenti ogni decreto è solo un sopruso inaccettabile in una democrazia quale dovrebbe ancora essere quella garantita dalla Costituzione italiana.

Non leggo un dato serio, e nemmeno uno analitico del tipo richiesto da molti scienziati: quanti contagi sono asintomatici? Quanti sono davvero malati? Altrimenti sono sempre numeri in libertà, usati esclusivamente per i propri fini politici. Perché non nascondiamocelo: governo, governatori delle Regioni, assessori della Salute, sindaci e giunte comunali con le loro ordinanze stanno usando questi numeri e il terrore che possono provocare esclusivamente a proprio vantaggio, non per proteggere i cittadini.

Non sono negazionista: il coronavirus c'è stato e c'è, ed è un dramma in tutto il mondo. Negarlo non avrebbe alcun senso. Ma abbiamo tutti il diritto di capire perché si adotta una decisione piuttosto che un'altra. Se veniamo bombardati da tre o quattro notizie usate con maestria (ma magari irrilevanti rispetto al totale) per farle diventare la vera musica che assorda, il dubbio sull'uso politico e spregiudicato diventa assai fondato. Come il sospetto di balle sparate a raffica per tutt'altri fini.

Dobbiamo dire grazie alla Fondazione Einaudi che con la sua insistenza e i suoi ricorsi al Tar ha tolto un parziale velo obbligando il governo a rendere pubblici cinque verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) che lo assiste nello stato di emergenza sanitario.

Dico velo parziale, perché non si tratta di stenografici: non c'è traccia del dibattito, né di eventuali posizioni diverse e discussioni all'interno del Cts. Nonostante ciò è emersa con evidenza una enorme bugia raccontata dal presidente Conte agli italiani: quella sul lockdown deciso in tutto il territorio dopo la richiesta degli “scienziati”. Non glielo avevano chiesto affatto, ora lo sappiamo. Se si scoperchiano altri documenti è probabile ne emergano tante altre. Ma quando si eccepisce qualcosa arrivano i fischi e ti zittiscono: dal premier in giù si sentono nei panni di tanti Marchesi del Grillo con in bocca il celebre slogan: “Io sono io, e voi non siete un c...o!”. E' il modo per rendere impossibile eccepire sul terrore, che magari serve ai nostri marchesi per rinviare l'apertura delle scuole perché non hanno trovato in tempo i famosi banchi, e rinviare forse pure le elezioni regionali perché i marchesini promessi sposi – Pd e M5s- non sono ancora pronti a consumare.

Cattivi pensieri, forse. E non c'è dubbio: loro- i marchesi- sono loro, e io non sono un c...o. Ma cari lettori nel mio piccolo farò tutto quel che potrò per cercare di fare emergere la verità da questi tempi oscuri...

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