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Libereremo l'Italia

Tajani, Meloni e Salvini

Pietro De Leo
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La piazza, ovvero antidoto al virus che spesso contagia il centrodestra, quello dei distinguo e di una competizione dalla quale emergono spine attraverso le quali gli alleati si feriscono a vicenda. Non ha difettato alla regola l’appuntamento di ieri a Piazza del Popolo, dove si è consumato questo rito della coesione che, nella sua lunga antologia, al polo dei moderati, dei conservatori e dei sovranisti riesce sempre bene. Cambiano le epoche, cambiano i leader, ma non il risultato, ieri mattina simboleggiato da un unico simbolo, quel tricolore appoggiato in ogni sedia che ha assorbito le bandiere di partito. E dunque, sul palco, si sono succeduti Antonio Tajani, vice presidente di Forza Italia, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e in chiusura Matteo Salvini, segretario della Lega. Ognuno a suo modo, e con varie intensità, ha tracciato l’architettura di quel centrodestra che vuole tornare a governare, e vuol farlo insieme. Ecco i pilastri: il ritorno al voto, chiaramente; la cultura di un’inclusione sociale attraverso il lavoro (contrapposta a quella del reddito, promossa dal centrosinistra di governo), l’alleggerimento fiscale, la riforma della giustizia sia dopo le intercettazioni di Palamara su Salvini, sia dopo le novità sulla sentenza Mediaset riguardanti Silvio Berlusconi, a cui tutti i leader hanno riservato un tributo molto caloroso (affollato, peraltro, il gazebo di raccolta firma per il Presidente di Forza Italia senatore a vita). La collocazione dell’Italia convintamente sull’asse atlantico e la condanna per la repressione cinese a Hong Kong: «Loro» dice Tajani riferendosi alle forze di maggioranza, «stringono patti con la Cina, noi stiamo con i ragazzi di Hong Kong che si battono contro la dittatura comunista cinese. Loro stanno con il dittatore Maduro amico dei 5 stelle, noi con chi si batte per la democrazia, come sempre. Come stavamo con il popolo di Budapest che si batteva contro i carri armati dei comunisti sovietici».

Matteo Salvini, esordendo nel suo intervento, rivolge gli auguri al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e a tutto il popolo degli Stati Uniti in occasione dell’Independence Day. Ricordando che «all lives matter», cioè tutte le vite, non solo quelle dei neri, contano. E la contrapposizione con l’offensiva del politicamente corretto, legata all’ideologia multiculturale, è un tema molto sentito dal palco. Su cui insiste molto Giorgia Meloni: «Questi a sinistra – tuona - combattono contro la violenza sulle donne ma non se ne può parlare. Si dicono animalisti, ma poi se c’è un clandestino che arrostisce un gatto in mezzo alla strada, allora "poverino, aveva fame"». Il riferimento è al video diventato virale sui social di un immigrato che abbrustolisce un felino su un fuoco ricavato in mezzo ad una strada. A tutto ciò, logicamente, si lega il tema dell’immigrazione. «Non puoi fare un rilancio quando l'unica attività che rilanci è quella degli scafisti. Non a caso sono ripresi gli sbarchi». E poi c’è l’argomento economico, legato ai provvedimenti del governo. Qui la leader di Fratelli d’Italia si scaglia contro un il decreto rilancio, al centro del dibattito di questi giorni: «Ci sono marchette e posti per gli amici. Non ci metteremo seduti per attingere alla mangiatoia». Antonio Tajani, poi, punta il dito contro una delle misure spot dell’Esecutivo: «Non si risolvono i problemi dell'occupazione con il bonus monopattino, quelli sono solo regali ai cinesi. Serve una visione, si crea occupazione mettendo le imprese in condizione di lavorare, abbattendo le tasse e combattendo la burocrazia».

 

 

 

Dal suo canto, il leader leghista Salvini, pone l’accento sul trend drammatico della natalità, dopo i dati Istat dell’altro ieri: «Se non facciamo qualcosa per la prima volta nasceranno meno di 400 mila bambini: dobbiamo lavorare per tornare a riempire le culle di questo Paese». E non manca da parte del leader della Lega, un passaggio su Roma: «La capitale di questo Paese non può rimanere nella mente dei turisti per le buche, gli autobus bruciati, per i rom e per i topi». Fissata, poi, la meta anche per le riforme: «Vogliamo un'Italia presidenziale e federale – osserva Salvini - Con un presidente eletto dal popolo ed un Paese che valorizza le sue autonomie territoriali». Dunque è un abbozzo, più che di programma, di obiettivi a tutto tondo. Con delle sfumature diverse. Giorgia Meloni ha posto l’accento su temi più identitari, Salvini dal suo canto ha teso l’aggancio a delle realtà con cui il dialogo è stato sempre non molto facile, come Confindustria (scenario cambiato evidentemente dopo l’avvicendamento di Bonomi alla Presidenza). E il Mes, punto dolente dei rapporti tra leader? «Avremo la forza di convincere delle nostre idee chi ancora non è convinto – dice Salvini a margine - però qui c’è la squadra che governerà l’Italia». E su Berlusconi assicura: «Mi fido totalmente». A questo proposito, racconta l’Adnkronos, Berlusconi avrebbe seguito tutta la manifestazione in tv, rimanendo soddisfatto sia dei passaggi a lui dedicati negli interventi, sia dalle parole di Salvini sulla fiducia. La coesione che proviene dalla Piazza, inoltre, è data anche da una serie di associazioni di area che hanno aderito: da Realtà Nuova al Centro Iniziative Sociali, dal Fuan a Giovane Italia. E poi Nazione Futura, che ha prodotto e distribuito in piazza uno speciale di 16 pagine e ha confezionato una mascherina per l’occasione.
 

 

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