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Appesi all'ego di Conte. L'Italia si perde in consultazioni, Francia e Germania erogano soldi veri

Andrea Amata
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La peggiore crisi economico-finanziaria degli ultimi 70 anni gestita dal peggior governo della storia repubblicana, che è sostenuto da una maggioranza parlamentare egemonizzata da un Movimento che sin dal suo esordio politico ha svalutato il fattore della competenza. Il Parlamento dovrebbe essere la sede in cui si elaborano e si adottano le decisioni nell’interesse della collettività, mentre è stato esautorato e degradato in un palcoscenico a uso e consumo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che adora farsi proiettare le luci di scena in una sorta di idolatria narcisistica.

 

L’assemblea parlamentare, depotenziata da task-force e Stati Generali, è stata avvilita per appagare l’ego del premier Conte che con il suo tono paternalistico ci illustra il vuoto senza ancoraggi a provvedimenti utili hic et nunc. Nell’informativa al Parlamento, che precede il vertice in remoto del Consiglio europeo di venerdì, siamo all’illusionismo verbale che illustra al futuro, che è per dimensione temporale incerto, progetti di rilancio non dettagliati. Un governo in perenne consultazione con se stesso, con le categorie produttive e sociali, con i poteri locali e con le forze parlamentari dimostra di non saper governare perché non guida i processi ma li subisce e li esaspera, provocando nocumento al Paese. Mentre Conte si consulta, la Francia di Macron eroga 18 miliardi di euro al comparto turistico e 8 miliardi al settore auto, la Germania della Merkel riduce l’Iva e investe 300 miliardi per famiglie ed imprese. La maggioranza rossogialla non sta tamponando il flusso emorragico che si è generato dai settori vitali della nostra economia, che rischia di rimanere anemizzata e travolta dalla frana provocata dal moto tellurico dell’emergenza pandemica. Esiste un divario di azione fra l’immobile governo italiano, prigioniero di un’inerzia preoccupante, che si limita a riferire di una fase progettuale germinale, appena abbozzata e informe, e il resto dei principali paesi europei che un piano lo hanno e lo stanno applicando.

 

Il numero uno di Confindustria Carlo Bonomi accusa il governo di «non avere un progetto all’altezza della situazione drammatica che sta vivendo il Paese. Non solo, ma finora ha privilegiato soluzioni di breve periodo ed è mancata una qualunque visione sulla Fase 3». Il presidente degli industriali imputa a Conte di aver omesso politiche finalizzate a far crescere produttività, lavoro e redditi che sono i tre elementi fondamentali per tentare di animare il ciclo virtuoso dell’economia. Oltre un milione di lavoratori ancora non hanno ricevuto la cassa integrazione privandoli di una fonte reddituale che si riverbera negativamente sui consumi, arroventando il clima sociale con il malessere economico che si infiltra in ampie fasce della comunità con le conseguenti tensioni. Conte dovrebbe favorire interventi a supporto della crescita, reperendo i fondi nel mercato con l’emissione dei titoli di Stato e utilizzando in funzione anticiclica le risorse distribuite dalla Bce con il piano straordinario di acquisiti. È controproducente aspettare da Bruxelles gli strumenti finanziari a prestito del Recovery Fund, Bei, Mes e Sure che ci vincolerebbero in un piano di riforme eterodirette, perché nel mentre il nostro debito assumerà una dimensione «monster» che autorizzerà la Commissione Europea a introdurre condizionalità vessatorie di rientro a detrimento delle politiche espansive. Liberiamoci dalla tenaglia che rischia di schiacciarci fra decrescita infelice e dilatazione del debito con effetti erosivi sul patrimonio degli italiani su cui volteggiano minacciosi i falchi europei per recuperare i prestiti concessi.

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