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Conte ai sindacati: subito altre quattro settimane di Cig. E promette il salario minimo

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A Villa Pamphili va in scena l'incontro tra Giuseppe Conte e sindacati. Agli Stati Generali dell’Economia in corso a Roma il premier ha annunciato un Decreto legge, "che adotteremo oggi stesso in un Consiglio dei ministri che si svolgerà a margine degli incontri odierni,  grazie al quale le aziende e i lavoratori che hanno esaurito le prime 14 settimane di cassa integrazione potranno richiedere da subito le ulteriori 4 settimane approvate con il decreto ’Rilancio'".

Tra i progetti di Conte anche l'istituzione di un salario minimo e la riforma degli ammortizzatori sociali. 

 

Ecco il testo integrale dell'ingtervento del premier durante l'incontro di oggi con i sindacati:

"Benvenuti. Abbiamo appena terminato l’incontro con il Dottor Colao e con il comitato di esperti in materia economico – sociale. Adesso iniziamo gli incontri con i rappresentanti delle parti sociali del Paese. 

Il nostro Paese richiede un grande sforzo. I tassi di crescita del prodotto interno lordo e della produttività sono sempre stati negli ultimi anni al di sotto della media europea. Quindi abbiamo il dovere e la responsabilità di programmare non tanto – come ho già detto – un ritorno alla normalità nel senso di ripristinare lo status quo ante. Dobbiamo fare di più.  Un’idea di ritorno alla vecchia normalità non ci soddisfa affatto visto che è stata causa e insieme conseguenza di tanti problemi. Abbiamo adottato già una serie di misure. Questo non è il momento in cui il Governo deve – secondo me - rimarcare la quantità di risorse, riassunta nei famosi 80 miliardi, che sono state programmate, disciplinate e adesso man mano vengono messe a terra con qualche difficoltà che non abbiamo mai nascosto. E non ci nasconderemo. Ci siamo confrontati per poter affrontare un sistema anche sul piano normativo e burocratico molto farraginoso tanto che siamo già intervenuti sulla cassa integrazione in deroga. Dobbiamo continuare a lavorare con voi come abbiamo fatto in tutto questo periodo. Lo stavamo facendo già prima dell’emergenza. L’obiettivo – anche a breve – i Ministri Gualtieri e Catalfo lo hanno ben messo appunto, è quello di garantire la cassa integrazione a tutti i lavoratori per tutto il tempo che sarà necessario nella fase di debolezza dell’attività economica.

 

Permettetemi di dire che tra le varie misure che abbiamo messo in campo questo è un tratto qualificante della nostra politica. Un obiettivo qualificante della nostra azione è garantire a tutti i lavoratori una cintura di protezione sociale per prevenire dei costi sociali che altrimenti non potremmo reggere. Abbiamo per altro, proprio a questo fine, predisposto un decreto-legge, che adotteremo oggi stesso in un consiglio dei ministri che si svolgerà a margine degli incontri odierni - grazie al quale le aziende e i lavoratori che hanno esaurito le prime 14 settimane di cassa integrazione potranno richiedere da subito le ulteriori 4 settimane approvate con il decreto “Rilancio”.

Da questa crisi non si può uscire senza un progetto chiaro per il futuro del Paese. Un progetto coraggioso, condiviso, che permetta all’Italia di ripartire, rimuovendo gli ostacoli che l’hanno frenata a lungo durante gli ultimi anni. La pandemia accentua la dimensione di transizione che la nostra società sta vivendo: quella demografica, quella digitale e quella climatica. La pandemia sarà un ulteriore acceleratore di questi cambiamenti, e avrà anche effetti sul mondo del lavoro che vanno ben oltre il breve periodo. 

Come ho anticipato nella lettera che vi ho indirizzato, gli obiettivi strategici e prioritari per il nostro piano di rilancio sono la complessiva modernizzazione e digitalizzazione del Paese, la realizzazione di infrastrutture più sicure ed efficienti, la transizione ecologica, l’investimento nella ricerca e nella formazione, la modernizzazione della Pubblica Amministrazione, l’azione di sostegno e potenziamento delle filiere produttive e la promozione della buona occupazione. 

Sono obiettivi che perderebbero valore se non venissero ancorati ai due valori che, posti a fondamento del nostro patto repubblicano, troppo frequentemente nell’ultimo trentennio non sono stati adeguatamente considerati: il lavoro e i diritti sociali.
Questa esperienza durissima per il nostro Paese e per gli altri Paesi ci fa capire che dobbiamo recuperare il più profondo significato della dimensione del lavoro, che investe alla radice la dimensione antropologica.

Il lavoro - lo sapevano bene i costituenti - non è solo fonte di reddito, non è solo un fattore della produzione. Il lavoro è innanzitutto una questione di senso, di significato della vita: è lo spazio nel quale si sviluppa la personalità umana e attraverso il quale ogni persona realizza sé stessa, contribuendo - come ci ricorda l’articolo 4 della Costituzione - al progresso materiale e spirituale della società.

Proprio in queste settimane, durante le quali siamo stati costretti a chiudere molte filiere produttive, a sospendere le attività, a ridurre i contatti sociali, abbiamo sperimentato e toccato con mano la centralità del lavoro nella vita di ciascuno di noi.

Se nel recente passato si era affermata una visione secondo la quale i diritti sociali sono un residuo della crescita economica, questa pandemia ci invita a recuperare un’altra dialettica tra diritti e lavoro, quella che avevamo conosciuto negli anni del secondo dopoguerra, durante la grande stagione dell’espansione dei diritti, il “trentennio d’oro” dell’Occidente, come lo ha definito il grande storico britannico Eric Hobsbawm , che ha permesso a fasce sempre più ampie della popolazione di godere di benefici prima sconosciuti alle generazioni che l’avevano preceduta.

Questa crisi ci consegna una comunità nella quale la garanzia del benessere individuale e collettivo, soprattutto nei luoghi di lavoro, non può essere più pensata come un mero corollario dell’attività economica, ma deve essere posta quale precondizione dello sviluppo.

Da qui si impone un progetto di rilancio che riorienti la politica economica e la politica industriale del nostro Paese nella prospettiva della tutela del lavoro, anche in vista dei profondi mutamenti che ci aspettano.

Le mission fondamentali sul tema del lavoro, sintetizzate con i Ministri e con i gruppi parlamentari delle forze politiche che sostengono la maggioranza di governo e definite insieme alla ministra Catalfo, sono il sostegno alle transizioni occupazionali, la tutela del reddito dei lavoratori, la promozione della qualità del lavoro.

Per quanto riguarda la prima mission, abbiamo già in cantiere progetti specifici: la riforma e la semplificazione degli ammortizzatori sociali, la rimodulazione in chiave di politica attiva degli strumenti di sostegno, il rinnovo della disciplina della Naspi.

La tutela del reddito dei lavoratori dovrà essere articolata in molteplici progetti: l’istituzione di un salario minimo nel Paese, la lotta senza quartiere alla contrattazione pirata, la detassazione dei rinnovi contrattuali, la creazione di un Documento Unico di Regolarità Contributiva su appalti e subappalti per il costo del lavoro, il contrasto al caporalato e al lavoro nero, l’incentivazione del welfare contrattuale, la promozione della contrattazione di secondo livello.
Nell’ambito del contrasto al lavoro nero - lo ricordo - è stata introdotta, su impulso della ministra Bellanova, con piena condivisione di tutti i Ministri, una norma che, in presenza di determinate condizioni, consente di far emergere il lavoro sommerso nei settori dell’agricoltura e delle attività di sostegno familiari. La sospensione dei procedimenti penali, connessa alla norma, non opera comunque nei confronti dei datori di lavoro in presenza dei reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reati di tratta e sfruttamento del lavoro.

Abbiamo tanto da fare. Per quanto concerne la promozione della qualità del lavoro, dovremo lavorare innanzitutto su misure volte a favorire la rimodulazione dell’orario di lavoro, anche in vista di un ricorso sempre più insistito allo smart working, che è destinato a trasformare tempi, spazi e relazioni di lavoro.

Dovremo poi promuovere il ricorso ai contratti di espansione e alla staffetta generazionale, favorire in ogni modo l’inserimento lavorativo dei giovani - questo è un grande obiettivo politico del Governo - , contrastare il ricorso al part-time involontario che frustra le aspirazioni e gli standard di vita, modulando anche i contratti di lavoro al fine di eliminare le fattispecie più precarie.

Sarà essenziale, poi, incentivare la partecipazione e la co-gestione dei lavoratori in azienda, rafforzare - ma abbiamo già fatto molte cose anche durante questo periodo di emergenza, tutti insieme con vostra grande partecipazione responsabile - un piano di salute e sicurezza sul lavoro. Dovremo rafforzare e presidiare questo tema con regole certe per affrontare tutte le insidie che si annidano nei luoghi di lavoro. 

Abbiamo la possibilità di rafforzare il ruolo dell’Inail nella consulenza alle imprese, promuovendo anche sistemi premiali di prevenzione, e monitorare tempestivamente le trasformazioni che avverranno nel mondo del lavoro grazie all’Osservatorio permanente istituito con il decreto Rilancio.

Dobbiamo essere in grado di intervenire in anticipo, per adattare le nostre strategie e minimizzare i rischi a beneficio dei lavoratori.

Infine, è nostro compito promuovere – e qui vorremmo il vostro grande contributo -  la responsabilità sociale d’impresa, anche tramite sistemi premiali incentrati su indicatori europei che sono ormai diffusi e ci indicano le best practices. Noi non dobbiamo entrare nel mondo dell’azienda e imporre a chi  ha messo su un’attività per creare dei profitti di alterare le loro iniziative rispetto a questo obiettivo. Noi chiediamo e dobbiamo contribuire affinché si diffondano le best practices riuscendo ad additare agli imprenditori formule di successo sperimentate da altri colleghi. Questa credo sia la formula più corretta per promuovere la responsabilità sociale di impresa. 

Si tratta di un valore fondamentale, tanto più nella prospettiva di un nuovo paradigma socio-economico, perché l’imprenditore non è solo responsabile verso l’attività economica, ma ha anche una responsabilità giuridica, sociale, morale nei confronti di tutta la comunità in cui opera.

Abbiamo la possibilità lavorando insieme, facendo queste cose, che non sia solo uno slogan il trasformare questa crisi in opportunità". 

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