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Non c'era bisogno dello Spiegel per sapere che non siamo scemi

Il problema dell'Italia sta negli interessi da pagare sul debito pubblico

Gianluigi Paragone
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L'altro giorno il settimanale tedesco "Der Spiegel" ha fatto autocritica per bocca di un suo commentatore: non è un cambio di linea editoriale, per carità, ma solo un canto fuori dal coro. Un'opinione forse per aprire un dibattito dopo tante nefandezze sul nostro conto: spendaccioni, cicale, scrocconi, spreconi. «Immagine distorta», scrive Thomas Fricke, «una caricatura fatale che ha la Germania dell'Italia, forse per l'invidia che abbiamo». Qualcuno mi ha domandato cosa ne pensassi. Nulla, onestamente non mi interessa cosa pensino i tedeschi; non mi interessavano le loro critiche non mi interessano i loro mea culpa. Se Fricke scrive che i tedeschi hanno una immagine caricaturale dell'Italia, «sprecona», non mi tormento; se invece quella stessa immagine viene per anni scolpita da politici, professoroni, giornalisti e opinion leader allora sì che mi arrabbio. Mi arrabbio perché sa di tradimento. Non avevo bisogno del "Der Spiegel" per sentirmi dire che non dovevamo andare dietro la lavagna e che il nostro problema sta negli interessi da pagare sul debito pubblico e non nell'atteggiamento spendaccione che avremmo o che ancora il governo Monti con la sua stretta osservanza delle regole tedesche impartite da Bruxelles ha ammazzato il ceto medio italiano, i pensionati e le famiglie. No, non avevo bisogno dell'analisi di Fricke (e lo dico senza spocchia alcuna, sia chiaro). Lo sapevamo benissimo. Ma tutte le volte che lo dicevamo, arrivano i servili euro-opinionisti del Giornale Unico, i giannizzeri neoliberisti in forza al mainstream a bacchettare in nome della rieducazione germanica. L'operazione Mario Monti fu benedetta acriticamente dal sistema di relazioni consolidato: eppure il famigerato professore non ne imbroccò una, ma guai a dirglielo quando era premier. Adesso son capaci tutti: ai tempi la Rai del sistemico Luigi Gubitosi mi volle chiudere la trasmissione. Così me ne andai. Quante volte abbiamo letto e sentito dire in televisione gli stessi concetti espressi dal "Der Spiegel" al netto dell'invidia tedesca verso di noi? Quante volte abbiamo sentito ripetere a pappagallo che dovevamo fare i compiti a casa, che siamo spreconi, che non sappiamo controllare la spesa pubblica? I traditori sono andati in onda a reti unificate, pappagalli stolti al servizio del più colossale inganno politico tuttora in corso: l'Unione europea. In queste interminabili settimane di lockdown i nostri balconi si coloravano di tricolori non di insulse bandiere unioniste. Ci sono stati giornali che allegavano la bandiera italiana per vendere più copie o per accrescere il sentimento patriottico. Perché non hanno provato ad allegare la bandiera europeista? Perché sapevano che sarebbe rimasta lì, invenduta, in edicola. Perché sanno, al netto della becera propaganda che fanno, che gli italiani non si sentono europei e che quella bandiera rappresenta solo un potere finanziario. Ecco il motivo per cui Fricke e il Der Spiegel hanno cambiato musica: temono che la gente apra definitivamente gli occhi e la Germania non potrà più comandare nel Vecchio Continente con l'uniforme politicamente corretta della Ue. Hanno timore che il loro maleficio si rompa. Il virus globale del Covid-19 sta infettando le narrazioni globaliste, europeiste e presto infetterà pure le narrazioni di chi guarda alle vecchie dittature con l'abito della festa come eldorado salvifico. Salvifico un corno! Basta con le genuflessioni ora verso la Germania, ora verso la Cina (mi vengono le carie a leggere le carinerie profuse dal governo e da Luigi DiMainxin...), ora verso chi ha solo interesse a usarci senza pagare dazio. È ora di contarci, di metterci la faccia: quei tricolori esposti alle finestre e ai balconi sono la nostra carta d'identità. Chi pensa di vendere l'Italia e gli italiani a un padrone che nulla ci ha mai dato in cambio d'ora in avanti sarà «tanato». Vuoi che si presenti come amico del partito comunista cinese, vuoi che si presenti come cortigiano di un miliardario fintamente filantropo (che sia Soros o che sia Bill Gates, accolti sempre come fossero capi di Stato), vuoi che ci svenda insomma al miglior speculatore di turno. Abbiamo tantissimi italiani che vorrebbero contare su un governo che ascolti, invece assisteremo a una ecatombe di intere filiere produttive schiacciate dal peso di banchieri ingordi, governanti sordi e burocrati ottusi. Lo scriviamo da quando il coronavirus è entrato nelle parti vitali dell'Italia: a un virus straordinariamente aggressivo, solo una straordinaria e altrettanto aggressiva risposta nazionale può tenere testa. Avremmo dovuto contare su un'Europa già – e ripeto già – compiuta politicamente, invece siamo sempre al solito punto di partenza come condannati alle fatiche di Sisifo, segno evidente che la Germania non vuole né vorrà gli Stati Uniti d'Europa ma solo un suo dominio. Pertanto non ha senso proseguire oltre. Se la Bce non può monetizzare la spesa a deficit, si ritorni alla propria moneta. E si stampi illimitatamente, fintanto che c'è questa guerra invisibile in atto.

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