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Liberazione? Sì, da questi qua

Gente in piazza e pure cortei per ricordare la Resistenza. Il governo ha chiuso un occhio

Franco Bechis
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Ieri in molte città di Italia ci sono stati quelli che da un mese a questa parte si chiamano “assembramenti”. Qualcuno autorizzato, altri meno: in strada o in piazza per il 25 aprile, la festa della Liberazione. Improvvisamente tutto è divenuto lecito per questa data, anche quello che fin qui è stato proibito a milioni di italiani. C'è chi ha sottolineato polemicamente che “basta sventolare una bandiera rossa, e tutto diventa possibile”. Ma non voglio protestare per chi ha pensato fosse il giorno per una boccata d'aria e per un po' di festa, trascinando in piazza come è avvenuto al Pigneto di Roma qualche bambino che fregandosene di ogni retorica ha preso a calci un pallone. Hanno fatto bene, credessero o meno alla Resistenza. Anche io credo sia giunto il momento della liberazione. Vorrei che gli italiani tornassero a respirare libertà, vorrei festeggiare la liberazione dal virus come tutti, ma anche quella dai carcerieri e dei carcerati da questa strana sindrome di Stoccolma che ha colpito milioni di italiani. Purtroppo non è ancora giunto quel giorno, e assai poco avrei da sventolare per le vie della nostra bellissima capitale. Però quel che ho visto ieri pone da subito un problema di diritti uguali per tutti. Se il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha potuto celebrare la sua messa laica nel cortile di palazzo Marino per celebrare la resistenza offrendo sedie appena distanziate l'una dall'altra alla platea, non vedo perché sia ancora impedito a qualsiasi parroco di celebrare messa davanti ai propri fedeli distanziati facendoli partecipare all'eucarestia. Questo diritto costituzionale è negato da 50 giorni, ed è vergognoso che sia restituito alle messe laiche prima di quelle religiose. Certo, il 25 aprile ha restituito la libertà a questo paese, lo ha strappato pure a una guerra e a una povertà disperata. Ha portato la nascita della democrazia e al fondamento della Costituzione che conosciamo oggi e che forse maldestramente abbiamo pure ritoccato in questi anni. E' il ricordo di una liberazione dall'oppressione che è stata lunga, dolorosa e accompagnata da tanto altro sangue anche dopo quel giorno, e la memoria ha il dovere di abbracciare tutta quella storia come ci ha ricordato un maestro del giornalismo da poco scomparso: Giampaolo Pansa. Ma perché nelle piazze del 25 aprile sì e oggi - domenica- nelle chiese italiane non può entrare nessuno? Per milioni di cattolici quella funzione è la memoria vivente di una liberazione ben più grande e resistente nel tempo di quella del 1945. Proprio quel che è avvenuto ieri e che non avverrà oggi marchierà in modo indelebile la distanza dalla Costituzione, la violenza usata da questo governo per stravolgerla come mai era accaduto nell'Italia libera. Con mitezza la chiesa italiana ha accettato questo vero e proprio sopruso in questi mesi, così come è accaduto a famiglie intere, a centinaia di migliaia di bambini chiusi in casa buttando via la chiave con il racconto di qualche panzana per tenerli buoni. Vogliamo festeggiare davvero tutti la liberazione? E allora liberateci da chi ha preso queste decisioni, liberateci dalla paura del virus, dagli slogan ripetuti da ebeti, dal pensiero unico divenuto bandiera, dagli esperti di virus auto-elettisi governanti, dalle promesse bugiarde, dalla pervicacia con cui i carcerieri prolungano la prigionia perché temono i danni della libertà al potere personale accumulato in questo tempo. Libera nos dal nuovo regime, il più crudo che l'Italia abbia conosciuto da quei tempi lontani festeggiati ieri quasi inconsapevoli dai nuovi carcerati.

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