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Tutto chiuso fino al 3 maggio tranne le librerie. E scatta il tiro a Conte

Negozi chiusi a Roma (LaPresse)

Proteste sui social per le indiscrezioni sul nuovo decreto. Selvaggia Lucarelli devastante: riaprono solo dove è certo che non si creano le file

Davide Di Santo
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È rivolta social per le librerie aperte mentre il resto delle attività resterà chiuso. Già, perché si andrà avanti con il lockdown fino al 3 maggio, con poche deroghe, come la riapertura di cartolerie e librerie. È questa l'ipotesi sul tavolo del Governo, anche se il nuovo Dpcm dovrebbe arrivare solo martedì, anche se qualcuno da Palazzo Chigi lascia trapelare che il presidente del Consiglio potrebbe firmarlo oggi. Quel che  certo è che Conte parlerà nel pomeriggio per annunciare il provvedimento. Tra le poche, pochissime deroghe alla chiusura totale fino al 3 maggio quelle per le librerie e le cartolerie che potranno riaprire già da martedì.  Leggi anche: C'è solo il Mes. E Gualtieri canta pure vittoria La scelta, anche e soprattutto simbolica, di riaprire le librerie e lasciare chiuso tutto il resto provoca una certa agitazione sui social. "Fanno riaprire le librerie, per carità, i libri sono importanti, ma con il digitale per un po' si può fare a meno. Invece tutto il resto chiuso. Ci stanno affossando altro che MES"; "Sta governano chi pensa che ci siano delle attività più etiche e morali di altre. Produrre non è etico perché genera ricavi. Le librerie sono retoricamente etiche"; "Quindi io non posso andare da solo in bici in aperta e deserta campagna dove il contatto umano è pari a 0 ma potrò andare nelle librerie?"; "Al tempo di Amazon e degli e-book la riapertura delle librerie sarebbe il provvedimento più ipocrita, retorico, radicalchic, inutile, politically correct che possa venire in mente a un governo privo di coraggio e visione del futuro", sono alcuni dei post che si leggono su Twitter.  La pietra tombale la mette Selvaggia Lucarelli: "In pratica riaprono solo dove è certo che non si creano le file". Ieri Conte ha parlato prima con i capidelegazione dei partiti di maggioranza al Governo, poi con sindacati e imprese, infine con Governatori e sindaci. La linea la dà, replicando alle richieste arrivate ieri dagli industriali del Nord, il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: «Il Governo ha le idee chiare, dobbiamo mettere in sicurezza il Paese. Con la salute a rischio, non c'è economia e non c'è sviluppo», dice sicuro. Il premier lo ribadisce ai suoi interlocutori: «Non ci sono ancora le condizioni per far ripartire le attività sospese. Prima di tutto la salute dei lavoratori», ribadisce, pur rassicurando i suoi interlocutori sul lavoro in atto sulla Fase 2. Non tutti, all'interno della maggioranza, però, sono dello stesso avviso. Italia viva continua a spingere per avere «più coraggio». La posizione del Governo, viene spiegato, sarebbe quella di arrivare al 3 maggio con un Dpcm poco diverso da quello attualmente in vigore, che scadrà il prossimo 13 aprile, valutando la possibilità di poche riaperture mirate nell'ambito dei codici Ateco. Si parla di alcune attività sanitarie e agroalimentari, della silvicoltura, di librerie e cartolerie. Troppo poco per Matteo Renzi. E infatti il confronto di Teresa Bellanova con il premier e gli alleati è «acceso», per poco non si arriva allo scontro. Per la capodelegazione Iv, arrivare così al 4 maggio, è «troppo tardi». «Se aspettiamo il rischio zero non apriamo più, nemmeno il 4 maggio. E c'è il rischio che diventi il 4 giugno», è il ragionamento fatto al presidente del Consiglio dalla ministra dell'Agricoltura. La posizione di Iv è invece quella di togliere dal tavolo ogni discorso cronologico e procedere attraverso una mappatura dei dati epidemiologici territoriali, delle garanzie di sicurezza per lavoratori e del distanziamento sociale. Seguendo questo modello, è la linea, sarebbe possibile un calendario di riapertura progressivo. Non la pensa così Roberto Speranza. La fase due va preparata bene, servono precondizioni essenziali a partire da buoni dati e potenziamento di Covid Hospital e Servizio sanitario nazionale, insiste. Con lui c'è il comitato tecnico scientifico: «Tutto quello che riguarderà politiche di riaccensione delle attività produttive non essenziali andrà fatto con molta cautela per evitare di andare incontro alla seconda ondata - avverte il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli - Grande attenzione a sostenere l'economia del Paese ma altrettanta o forse prioritaria per la salute». Sarà un gruppo di lavoro composto da esperti di modelli organizzativi del lavoro, sociologi, psicologi, statistici ad aiutare il Governo a programmare la ripartenza, ridefinendo anche i nuovi modelli sanitari e di sicurezza. Condividono la scelta fatta dal Governo Cgil, Cisl e Uil, che ribadiscono al presidente del Consiglio «la necessità di mantenere al centro delle decisioni dell'esecutivo la salute e la sicurezza di tutti i lavoratori», raccomandandosi affinché vengano «evitate le forzature che si sono registrate in alcuni territori, alle decisioni prefettizie in merito alle autocertificazioni delle imprese». Si limita a prendere atto della decisione presa da palazzo Chigi Confindustria. Intanto Matteo Renzi torna a pressare il governo: «Credo sia giunto il momento di iniziare a pensare con forza alla riapertura, a quella che viene chiamata fase 2, al bisogno di uscire e non solo dalla situazione di emergenza, come è evidente il coronavirus lo porteremo dietro per anni. Noi dobbiamo iniziare a ripartire o l'emergenza sanitaria diventerà sociale, economica, la pandemia diventerà carestia», ha detto il leader di Italia Viva nel corso di una diretta Facebook.

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