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Pieno a sinistra ma vuoto al centro. Così il Pd si suicida

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Fabrizio Cicchitto
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Malgrado la vittoria in Emilia-Romagna, la maggioranza di governo non ha trovato pace. C'è una ragione di fondo che spacca il Movimento 5 stelle come una mela, una parte di esso è disponibile a svolgere il ruolo di anomala costola della sinistra dell'alleanza di governo, un'altra parte, che si richiama a Di Maio e probabilmente anche a Di Battista, non accetta affatto questa omologazione. Tutto ciò si riflette sua una serie di questioni di merito, alcune assai evidenti (prescrizione, vitalizi, eccetera) altre meno evidenti, ma per certi aspetti forse più gravi. Una riguarda la politica economica su cui esiste un generale silenzio, con la solitaria eccezione dell'onorevole Brunetta. Il vero continuismo fra il governo giallo-verde e il governo rosso-giallo si è verificato lì, con effetti disastrosi. La sommatoria fra le misure di assistenzialismo più smaccate, quella sull'Iva si sono sommate senza sostituzione alcuna con i bonus sociali aggiunti dal Pd. Il risultato è davanti a tutti: non bassa crescita ma decrescita , nessuna ripresa degli investimenti nelle infrastrutture, nessuna riduzione della pressione fiscale sulle imprese ma solo su alcune categorie di lavoratori, ovviamente nessuna riduzione del debito. Si tratta di una bomba che sta lì finora inesplosa, ma che può produrre in qualunque momento effetti devastanti. Sul tema non è che l'opposizione di centro-destra abbia proposte alternative, ma si colloca sullo stesso terreno della maggioranza con voci di spesa diverse. A nostro avviso prima che la situazione esploda sarebbe auspicabile che il presidente della Repubblica li chiamasse tutti, maggioranza e opposizione, a fare i conti con la gravità della situazione economica prima che a farlo intervengano i mercati e l'Ue. Infine, c'è il nodo della legge elettorale. Su questo terreno il Pd non si è fatto mai mancare nulla. A suo tempo è stato proprio Renzi a tenere a battesimo quella legge “Rosatellum”, che combinava insieme maggioritario e proporzionale, che è risultata fatta su misura per il centro-destra e disastrosa per il centro-sinistra. Adesso il Pd e il M5s si stanno accordando su una legge apparentemente proporzionale, ma con uno sbarramento altissimo al 5% reso ancor più alto dal taglio al numero dei parlamentari. L'evidente obiettivo di questa legge è «fare la pelle» a Italia Viva e a qualunque aggregazione centrista. Ora è comprensibile che questa scelta venga fatta dal Movimento 5 stelle, anche se le sue percentuali future sono del tutto imprevedibili, meno comprensibile da parte del Pd. Esso da un lato punta a fare il pieno dei voti a sinistra e nel contempo, con le caratteristiche ultra-maggioritarie costituite dalla combinazione fra la riduzione al numero dei parlamentari e lo sbarramento al 5%, vuole evidentemente evitare l'aggregazione di un centro politico autonomo. Ci sembra una linea suicida subalterna alla destra di Salvini e della Meloni con il risultato di svolgere di fatto per lungo tempo l'opposizione di Sua Maestà. Questo sarebbe il risultato di un Pd spostato a sinistra senza la nascita e lo sviluppo di una posizione di centro autonoma, ma anche nettamente distinta dalla destra di Salvini e Meloni. Dopodiché il gruppo dirigente del Pd si lamenta per l'eccessivo protagonismo di Italia Viva, ma Italia Viva si trova di fronte ad un gravissimo problema esistenziale derivante appunto dagli effetti concomitanti costituiti dalla riduzione del numero dei parlamentari e dalla fissazione dello sbarramento al 5%. Poi, siccome Renzi è un inveterato giocatore di poker egli si guarda bene dal sollevare il problema dello sbarramento e sul modello del generale Giap sviluppa una guerriglia imprevedibile su molti temi.

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