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Renzi chiama Conte: via dal Pd. E diventa decisivo per il governo

Gruppi autonomi in Parlamento, ecco chi va con Matteo

Davide Di Santo
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Matteo Renzi ha ufficializzato al premier Giuseppe Conte in un colloquio telefonico la sua decisione di abbandonare il Pd per creare gruppi autonomi. Renzi, riferiscono fonti parlamentari dem, ha ribadito al premier che continuerà a sostenere il governo.  Telefonata che arriva alla fine di una giornata in cui, ora dopo ora, si è concretizzato l'addio al Pd dell'x premier. A quanto si riferisce nell'area renziana, l'annuncio pubblico avverrà domani: prima un'intervento su un quotidiano, poi da Bruno Vespa in serata a "Porta a Porta".  Le ragioni della scelta sono state esplicitate già in questi giorni da alcuni fedelissimi dell'ex-segretario. "Motivi politici e personali. Politici - ha detto Ettore Rosato ieri in un'intervista - perché dopo l'accordo con i 5Stelle è cambiato tutto. Personali perché Renzi non può essere sempre accusato di tutto e con lui chi ha lavorato per tirare fuori il paese dalla crisi". Ed ancora Maria Elena Boschi che vede il ritorno dei fuoriusciti di Leu nel Pd come una possibilità concreta. "Se tornano D'Alema e Bersani una riflessione andrà fatta". Alla Leopolda, si diceva. Ma tutto è precipitato. L'addio non avrà conseguenze, almeno al momento, sul governo. Il sostegno al Conte 2 è certo, dicono i renziani. Ma ancora, riferiscono fonti di governo, un contatto sulla questione tra il premier Giuseppe Conte e Renzi non c'è stato. "Per ora no", si fa sapere. La separazione a livello parlamentare potrebbe avvenire già nei prossimi giorni, forse già entro la settimana. Quindi: i gruppi, la delegazione di governo guidata da Teresa Bellanova e poi i Comitati Ritorno al Futuro. Già a gennaio, quando partì l'operazione con Ivan Scalfarotto, si parlava di embrione del partito di Renzi. Da domani, se Renzi annuncerà l'addio al Pd, potrebbero diventare qualcosa di più.   Del resto che ci si stesse preparando a un upgrade nell'organizzazione dei Comitati emerge anche da un boom delle donazioni: un balzo da 20mila a giugno a 260mila a luglio. Aziende, manager e parlamentari. Ad agosto, 24 parlamentari dem hanno donato fondi ai Comitati. Tra i senatori ci sono: Andrea Ferrazza, Eugenio Comincini, Laura Garavini, Nadia Ginetti, Ernesto Magorno, Mauro Maria Marino, il ministro Teresa Bellanova, Davide Faraone, Giuseppe Cucca, Caterina Biti, Alan Ferrari, Salvatore Margiotta, Leonardo Grimani. Tra i deputati: Maria Elena Boschi (1.500 euro versati in due tranche ad agosto), Ettore Rosato, Marco Di Maio, Anna Ascani, Mauro Del Barba, Martina Nardi, Lisa Noja, Maria Chiara Gadda, Andrea Rossi, Vito De Filippo, Luciano Nobili, Gennaro Migliore, Ivan Scalfarotto. La donazione ai Comitati, ovviamente, non costituisce alcuna 'prova' del possibile passaggio dal Pd ai gruppi renziani. Ci sono anche altri parlamentari dati in partenza come Luigi Marattin (in pole come capogruppo), Mattia Mor, Michele Anzaldi, Silvia Fregolent, Lucia Annibali alla Camera. A Montecitorio l'obiettivo è quello di dar vita a un gruppo autonomo ("L'Italia del Sì" tra le ipotesi per il nome del nuovo organismo) mentre a palazzo Madama uscirebbero solo un manipolo di senatori. Tra questi, si parla del fedelissimo Francesco Bonifazi ma non di Andrea Marcucci che resterebbe capogruppo Pd al Senato. Non sarebbe poi immediato l'eventuale ingresso di parlamentari da altre forze politiche. Leggi Forza Italia. "Non abbiamo chiesto a nessuno di venire", spiega un big renziano.   Domani, in un'intervista e nello studio di Bruno Vespa, l'indicazione precisa. Fonti parlamentari vicine all'ex segretario dem confermano però lo smarrimento dei fedelissimi: "Rischia di essere un'operazione di piccolo cabotaggio", viene sottolineato con riferimento al numero di parlamentari che potrebbero seguire Matteo Renzi.  Intanto, Giachetti annuncia di voler lasciare la direzione del partito. Una scelta che, stando a quanto scrive su un post Facebook, non ha a che fare con l'operazione di Renzi. "Capisco perfettamente le ragioni per cui abbiamo deciso di fare questo accordo e in cuor mio io, davvero, mi auguro che possa funzionare. Non posso, però, rinnegare le mie convinzioni sul Movimento Cinque Stelle e su tutto quello che è successo in questi anni perché sono cose che a me pesano", spiega. Una scelta sulla quale il vice segretario vicario del partito, Andrea Orlando, chiede al collega un supplemento di riflessione: "Io penso che per guidare un percorso come quello che ci attende serva il contributo di chi ne diffida e persino di chi è stato contrario. Per questo spero che Roberto Giachetti ci ripensi e rimanga in direzione".

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