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La linea di Zingaretti: trattativa in 5 punti

Il segretario per il Pd indica le priorità

Silvia Sfregola
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«La partita inizia oggi». Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte, Nicola Zingaretti entra in campo. Il segretario ottiene dalla direzione Pd mandato unanime per trattare a viso aperto con il M5S e provare a dare un Governo «di svolta» all'Italia. Il leader dem deve innanzitutto ricompattare i suoi, dopo la fuga in avanti di Renzi e il pressing dei parlamentari a lui vicini per un Governo 'ad ogni costò. Per il titolare del Nazareno non è questa la strada e lo mette subito in chiaro: «Un Governo istituzionale non è la soluzione», dice, ponendo poi dei paletti ai pentastellati che servono anche come 'clausole di salvaguardià per i suoi. Se le condizioni per un Governo di legislatura non ci sono - è il messaggio per tutti - la «via maestra» è il voto. Zingaretti mette quindi in campo una 'proposta politicà, delle precondizioni programmatiche su cinque punti chiave e inderogabili per i dem: l'impegno e l'appartenenza all'Ue per una Europa profondamente rinnovata; il pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del Parlamento; l'investimento su una diversa stagione dello sviluppo fondato sulla sostenibilità ambientale; una svolta profonda nell'organizzazione e gestione dei flussi migratori fondata sui principi di solidarietà, legalità e sicurezza; una cambio delle ricette economiche e sociali in una chiave ridistributiva e di attenzione al lavoro e all'equità sociale. È la demarcazione di una linea che serve a provare a dettare l'agenda agli interlocutori esterni al Pd e a riprendersi la scena e a toglierla a chi (vedi Matteo Renzi) , pur da 'senatore semplicè, negli ultimi giorni se la era ripresa. Il segretario boccia senza appello il patto di Governo siglato 15 mesi fa da Di Maio e Salvini: «Non dobbiamo dare vita a un nuovo 'contrattò di obiettivi separati cambiando solamente i capitoli e i sottoscrittori», mette in chiaro, chiedendo discontinuità rispetto al passato e condivisione di intenti. A partire da questi presupposti, sottolinea, è doveroso assumersi la responsabilità di verificare se una maggioranza parlamentare alternativa c'è. Se così fosse e si arrivasse alla formazione di un nuovo Governo «dobbiamo fare il miglior Governo possibile». La discontinuità riguarda sia contenuti che persone. No - dunque - a un Conte bis. In pole per la guida del Governo rimarrebbe l'ipotesi Cantone mentre il premier dimissionario dovrebbe 'accontentarsì di traslocare a Bruxelles come commissario. Ci sarebbe poi un veto su Di Maio che invece non sarebbe disposto a defilarsi, ma sono tutte condizioni - viene fatto filtrare - rivedibile con un progetto forte e serio di dialogo. Se, diversamente, il dialogo non decolasse e le condizioni programmatiche non si realizzassero, avverte però Zingaretti, «nessun pastrocchio o accordicchio temporeggiatore e subito al voto». Il partito approva all'unanimità la proposta e di fatto butta la palla nel campo pentastellato. «Ora dobbiamo attendere la risposta degli interlocutori e finora - evidenzia il segretario - non c'è stata». Il M5S, in effetti, mentre gli accordi continuano sotto banco, non fa filtrare nessuna posizione ufficiale di apertura o chiusura e si limita a ricordare di essere il gruppo con i numeri maggiori in Parlamento. Dopo aver parlato con il Capo dello Stato, è la linea pentastellata, proporremo agli altri interlocutori le nostre condizioni.

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