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Martina e l'intesa tra Pd e M5S. "Deciderà la base del partito"

Il segretario reggente: "L'accordo dovrà essere valutato nei territori"

Carlo Antini
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L'intesa M5S-Pd? Potrebbe essere sugellata da un referendum della base dem (e forse anche da una consultazione online dei pentastellati). Ma forse è ancora troppo presto per discuterne. Sabato il segretario reggente Pd Maurizio Martina ha sottolineato che nella direzione di giovedì prossimo «non dovremo decidere se fare o non fare un governo con M5S ma se iniziare un confronto, entrare nel merito di alcune scelte, capire se ci possono essere punti d'intesa». La precisazione di Martina è importante anche perché, almeno secondo le ricostruzioni degli ultimi giorni, l'idea che potrebbe prevalere nel Pd è di dare il via libera al dialogo, fissando però dei paletti che alla fine renderebbero impossibile un'intesa. Lo stesso ex segretario Pd Matteo Renzi, atteso in tv domenica sera, potrebbe aprire all'idea del dialogo. Proprio lui d'altronde, poco prima di diventare premier nel febbraio 2014, si sedette al tavolo con Beppe Grillo e Luigi Di Maio in un memorabile (quanto infruttuoso) streaming. Il segretario reggente, intervistato da Maria Latella su SkyTg24, ha detto che, se davvero la direzione darà luce verde al confronto, è giusto che «l'eventuale esito finale di questo lavoro venga valutato anche dalla nostra base nei territori, con una consultazione». Martina, insomma, apre la strada al referendum tra gli iscritti dem («anche se le forme possono essere diverse», precisa lui). Il modello potrebbe essere il partito socialdemocratico tedesco (Spd), che ha organizzato un referendum, le lunghe trattative che hanno portato ad un accordo per un governo con i cristiano-democratici di Angela Merkel. Difficile immaginare che si arrivi davvero ad uno scenario simile. Lo stesso segretario reggente ammette che «siamo forze molto diverse, per certi versi alternative, e la strada è in salita». Allo stesso tempo, però, «i presunti vincitori del voto del 4 marzo», cioé Centrodestra e M5S, «non hanno offerto prospettive e ipotesi concrete per il Paese». «Credo che, arrivati a questo punto, sia giusto capire se esiste la possibilità di un confronto», aggiunge l'ex ministro dell'Agricoltura, sottolineando che bisogna essere «sfidanti» con i 5Stelle, rivendicando «il lavoro fatto dai governi Pd di questi anni che hanno portato l'Italia fuori da una grande crisi». L'approccio dialogante, però, viene bocciato senza appello da un gruppo di amministratori e dirigenti dem che hanno firmato un appello per il No in vista della direzione nazionale. L'appello-manifesto, diffuso sabato, è sottoscritto da oltre cento persone, con le firme di decine di semplici iscritti e dirigenti. La sola idea di un'intesa per un "governo rosso-giallo", poi, fa infuriare il leader leghista Matteo Salvini, che si dice pronto a far scendere in piazza milioni di persone, perché a suo parere non sarebbe rispettato il voto degli italiani.

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