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Regionali da incubo, Zingaretti senza maggioranza

Nicola Zingaretti

Al centrosinistra mancano due consiglieri. E ad aprile c'è la prima prova sul bilancio ma il Pd guarda già a Pirozzi

Susanna Novelli
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Una vittoria senz'altro storica, quella di Nicola Zingaretti, primo governatore del Lazio promosso per il secondo mandato. Una «promozione» tuttavia un po' troppo stretta. Appena cinquantamila voti di scarto con l'avversario sostenuto dal centrodestra, meno di due punti percentuali che, tradotto in soldoni, provocano un reale problema di governabilità alla Pisana. Il centrosinistra infatti può contare su 24 seggi, le opposizioni su 25. Il centrosinistra, di fatto, per arrivare alla maggioranza ha bisogno di una «stampella» esterna, o meglio, uno «scarpone» d'appoggio. I margini di trattativa con le opposizioni sono infatti davvero ridotte al lumicino e, al di là delle smentite più o meno ufficiali, l'unico in grado di dare un sostegno decisivo al centrosinistra è Sergio Pirozzi. Il candidato in «solitaria» disconosciuto dal centrodestra, ha di fatto le mani libere per potersi godere cinque anni dall'altra parte della barricata. E un assessorato non si nega mai a nessuno, soprattutto se indispensabile al voto d'aula. Indispensabile ma molto probabilmente non sufficiente. Un solo voto di scarto significa che i consiglieri del centrosinistra dovranno godere sempre di ottima salute per far passare i provvedimenti più delicati alla Pisana. Il primo ad aprile con il Bilancio. Ma perché solo Pirozzi può salvare Zingaretti&Co? Presto spiegato. La coalizione a sostegno del governatore può contare infatti su 18 consiglieri del Pd, 3 della Lista Zingaretti, uno per Liberi e Uguali, uno per +Europa e uno per Centro solidale.  Una coalizione tuttavia compatta ma comunque a rischio. Basta infatti un «capriccio» all'interno del Pd o degli altri sei consiglieri per far passare il governo della Regione Lazio dalla crisi all'emergenza. Le opposizioni. Il centrodestra alla Pisana sarà formato da sei consiglieri di Forza Italia, quattro della Lega, tre di Fratelli d'Italia e uno di Noi con l'Italia-Udc. Sarebbe paradossale se uno degli eletti in questa coalizione «tradisse» partito ed elettori per dare sostegno all'azione del centrosinistra e di un governatore comunque al secondo mandato, perdendo la prospettiva a lungo termine, ovvero tra cinque anni, di passare alla guida della Regione. E non solo. Il «superamento» di Fratelli d'Italia da parte della Lega proprio nel Lazio, indica una strada da seguire di un'opposizione davvero senza sconti. Più interessante, per quanto improbabile, il discorso sul MoVimento 5 Stelle. I grillini hanno eletto dieci consiglieri e, sulla carta, rispetteranno il diktat di sempre: «nessuna alleanza». Ma siccome in politica mai dire mai, un piccolo punto interrogativo su quanto accadrà a livello nazionale e su quanto questo peserà anche nel Lazio, vale la pena lasciarlo in sospeso. Alla fine dei conti, dunque, c'è rimasto solo lui. Il sindaco di Amatrice, inciampato in quello «scarpone» che avrebbe invece dovuto lanciarlo in una nuova e entusiasmante crescita politica. Perché rinunciarci? Non essendo strutturato, Sergio Pirozzi, non ha molte alternative per costruire un progetto politico stabile e duraturo.  Visti i rapporti con il centrodestra difficile, al momento, aprire una «porta comunicante» che è stata già murata prima, durante e dopo la campagna elettorale. Ottenere invece un assessorato, potrebbe essere quell'asso nella manica che serve proprio per non tornare a mani vuote, a fine mandato, alla sua amata Amatrice.

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