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«Suggerì come aggirare leggi» Bufera sul sottosegretario

++ SULCIS: DE VINCENTI, CHIUSURA DICEMBRE NON E' DETTA ++

L'inchiesta sulla Tirreno Power sfiora il renziano De Vincenti

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C'è l'ammissione (intercettata) di dover «fare una porcata» per avallare - secondo gli inquirenti - un provvedimento licenziato dal ministero dello Sviluppo economico nell'interesse di un'azienda (che non è stato approvato) controllata fino a pochi anni fa anche dalla famiglia De Benedetti. E c'è la rivendicazione che «nell'azione di governo ho sempre operato nel rispetto delle leggi». A poche ore dalla pubblicazione delle intercettazioni-choc si difende così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, uomo forte di Matteo Renzi, che secondo le ricostruzioni di chi indaga avrebbe suggerito a Tirreno Power un escamotage per aggirare le prescrizioni. Al centro di questa vicenda le vittime: ossia le famiglie che hanno denunciato i decessi di cui sarebbe responsabile la Centrale di Vado Ligure e rispetto alla quale i magistrati hanno indagato. La vicenda nasce proprio da una conversazione intercettata tra due funzionari del ministero dell'Ambiente all'interno dell'inchiesta che riguarda la centrale finita sotto sequestro. «Serve una porcata per salvare Tirreno Power»: intercettati sono Giuseppe Lo Presti, il cui compito è rilasciare l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia), e Antonio Milillo, «ascoltati» dai carabinieri del Nucleo operativo economico di Genova. Il provvedimento in questione sarebbe stato quello formulato allo Sviluppo economico: una legge, «una porcata, che pulita non potrà essere mai» come ammettono i funzionari dell'Ambiente. Quando sarebbe entrata al centro la figura del governo? Nel momento in cui, finita sotto sequestro a causa dell'inchiesta sull'inquinamento, Tirreno Power ha presentato una nuova richiesta di Aia, in quanto, come spiegava la stessa azienda, «se si fosse proceduto al riavvio degli impianti, sin da subito si sarebbe potuto garantire una sostanziale riduzione delle emissioni». Secondo gli inquirenti uomini del governo si sarebbero mossi per dare sostegno perché «a un certo punto - si legge - sembra che il tentativo da parte delle istituzioni di "dare una mano" a Tirreno Power con la norma ad hoc diventi concreto tanto che dalla seguente ambientale emerge come gli uffici del ministero dell'Ambiente siano interessati ad apporre le modifiche di competenza ad una bozza di testo che evidentemente è stata redatta dal ministero dello Sviluppo economico». Nelle carte degli inquirenti si citano allora Massimo De Vincenti appunto (non indagato), ex viceministro dello Sviluppo economico e oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che «si adopera per suggerire la strada a Tirreno Power per aggirare le prescrizioni»; e il ministro allo Sviluppo economico, Federica Guidi, nel cui ufficio avrebbe ricevuto Paola Severino, avvocato di Tirreno Power. A precisa domanda del Fattoquotidiano.it («Nessun favore all'azienda?») De Vincenti ieri ha replicato seccamente: «Ma per favore», mentre su un suo ipotizzato intervento presso il Csm per intervenire contro il pubblico ministero Francantonio Granero (il titolare delle indagini), non ha risposto. De Vincenti in ogni caso su tutta la vicenda ha commentato così: «Trovo un po' singolare che il mio nome compaia in alcuni titoli giornali ma, nei testi, appare chiaro che a mio carico non c'è assolutamente nulla». Il sottosegretario ha rivendicato, infine, che da quando fa parte del governo ha sempre «ricercato le soluzioni possibili per salvaguardare, nelle situazioni più difficili, l'occupazione dei lavoratori. Non mi sembra che questa sia una colpa».

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