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"Faccio le primarie e non sciolgo il Pdl"

Silvio Berlusconi

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Presidenzialismo alla francese, eventualmente col doppio turno. Primarie per il candidato del centrodestra alle Politiche del 2013. Un'alleanza di tutte le forze «riformiste, liberali e moderate» alternative alla sinistra. E, soprattutto, la possibilità per Berlusconi di candidarsi al Quirinale «se il Popolo delle Libertà dovesse chiedermelo». È il «coup de théâtre», la «grande novità» promessa dai vertici Pdl e resa nota solo ieri perché, ha spiegato Alfano, «se l'avessimo svelata alla vigilia delle elezioni l'avremmo fatta bruciare». Il Cavaliere e il suo delfino la espongono a Palazzo Madama in 47 minuti. Che forse non cambieranno la storia politica del Paese, ma nelle loro intenzioni dovrebbero almeno dare uno scossone al dibattito. In sala quasi più parlamentari che giornalisti, con tutto lo stato maggiore del Pdl schierato. Il primo a parlare è il vecchio leader. «Abbiamo lasciato il governo non perché la crisi dipendesse da noi - attacca - ma affinché con un esecutivo tecnico maggioranza e opposizione potessero sedersi a un tavolo e parlare di riforme. È necessaria una diversa architettura istituzionale del Paese. In questo momento c'è un alto tasso di ingovernabilità: l'esecutivo redige disegni di legge approvati solo dopo 600 giorni e con pesanti modifiche. Sempre che poi i giudici di sinistra non decidano di cancellarli». Vecchi cavalli di battaglia. La novità, in realtà ampiamente annunciata, è la ricetta per venirne fuori: «Noi vogliamo fare quello di cui si parla da 30 anni, l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. In questo momento dobbiamo scegliere se essere come Atene, dove le elezioni non hanno prodotto risultati utili e si torna a votare, o come Parigi, dove ugualmente sono state premiate le ali estreme ma Hollande ha già formato il governo». Si parla di presidenzialismo alla francese, dunque. Ci sono i tempi tecnici per approvarlo? Di più: per il Cav ci sono tre condizioni favorevoli: «Innanzitutto sta scadendo la legislatura, in secondo luogo sta terminando il settennato di Napolitano, infine in Senato si sta già parlando di riforme costituzionali. Se si è daccordo basta un minuto». I toni di Alfano sono ancora più solenni: «La seconda Repubblica non ha mantenuto le promesse. Bisogna passare a una terza che conservi quanto di buono c'é ora: la possibilità per i cittadini di scegliere il Premier». Più poteri al Capo dello Stato, meno al presidente del Consiglio. Chi candidare? Come arrivarci? Qui Alfano dà indicazioni più precise. Prima lo fa con una gaffe, definendo Berlusconi Presidente della Repubblica. Il Cav non fa una piega, ma tra i fedelissimi in prima fila parte un applauso. Poi il segretario spiega che il Pdl è pronto a scendere a patti con il centrosinistra. Quindi a discutere di doppio turno. Il sogno è cancellare il pericolo Grillo e favorire le aggregazioni intorno ai due maggiori partiti, Pd e Pdl. Sì, proprio il vecchio e criticato Popolo delle Libertà che, secondo il Cavaliere, non ha perso un grammo del suo fascino: «Noi siamo ancora al 23%. Tra i nostri elettori, alle ultime amministrative il 46% ci ha confermato la fiducia mentre il 44% si è astenuto. Solo il 10% ci ha "tradito", e di questi 9 su 10 hanno sostenuto Grillo». Come riprendere gli elettori persi? Qui entra in scena la riforma del partito. «Sognamo una struttura democratica - spiega Alfano - Militanti che concorrono alla scrittura del programma. Il candidato per il 2013 scelto con le primarie. Un'alleanza che unisca tutte le forze moderate alternative alla sinistra». Il nome? «I nomi non sono importanti», spiega il segretario, anche se poi si fa sfuggire la formula «Federazione per l'Italia». A Berlusconi non interesserebbe il ruolo di Presidente del Consiglio (preferisce il Quirinale?) ma è pronto a fare un sacrificio se a chiederglielo dovesse essere il suo popolo. Casini e Montezemolo sarebbero d'accordo? «Nessuno ha mai posto veti personali nei confronti del nostro leader», spiega Alfano. Berlusconi, a sua volta, non pone veti sulle liste civiche nazionali da affiancare al centrodestra: «Non posso escludere quello che faranno gli altri». Come non esclude neanche lo scioglimento del Pdl: «Ognuno è geloso della propria storia, ma se gli altri "federati" decidessero di farlo, non potremmo non accodarci. Magari...». E adesso? Sul presidenzialismo la palla passa al centrosinistra. Il Cavaliere usa toni concilianti («gli amici del Pd», «l'ottimo Napolitano»), ma Alfano scopre le carte: «Chiunque ci dirà che non ci sono i tempi tecnici vuol solo lasciare tutto uguale. Parliamone in Senato dove presenteremo la legge. In quella sede gli italiani capiranno chi sono gli innovatori e chi i conservatori». Per il momento l'uscita di Berlusconi ha avuto il pregio di ringalluzzire le depresse truppe del Pdl: da Gasparri alla Meloni, da Cicchitto a Quagliariello ieri era tutto un ripetersi di lodi alla trovata del grande capo.

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