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La paura spinge il voto anti-Ue. Ma le sinistre non hanno idee

Il Primo ministro inglese Cameron

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Mezza Europa va al voto, ma per che cosa e su che cosa? Si è cominciato dalle comunali in Gran Bretagna, con i laburisti decisamente alla riscossa, ad eccezione di Londra. Si prosegue dopodomani in Francia con il ballottaggio per l'Eliseo; e in Italia con le amministrative. Domenica 6 tornano alle urne anche i greci, paese-simbolo dell'europeo bastonato da tutti: dai suoi governi, dalla Germania, dall'euro, da quell'Unione continentale nella quale era entrato 21 anni fa con grandi aspettative di progresso e benessere. Al voto anche i tedeschi dello Schleswig-Holstein e, tra una settimana, del NordReno-Westfalia, il land più popoloso con 18 milioni di abitanti. Qui già nel 2010 Angela Merkel subì una sonora sconfitta. Se i sondaggi saranno rispettati, i liberaldemocratici alleati della cancelliera al governo potrebbero uscire di scena, e la Merkel dovrebbe rivolgersi ai socialdemocratici, per una grande coalizione ponte fino alle politiche del 2013. Oppure chiedere le elezioni anticipate presentandosi già come candidata di un'alleanza destra-sinistra. Proseguiamo. Il 12 settembre elezioni anticipate in Olanda, ex alleato di ferro della Germania sul fronte del rigore, ed oggi pencolante. Il primo ministro conservatore Mark Rutte ha perso il sostegno dell'estrema destra che si è rifiutata di votare le misure confezionate a Berlino: o i conservatori vincono da soli, immolandosi ad un'asterity merkeliana che però per allora potrebbe già essere smentita dalla sua stessa autrice, oppure il paese torna ai socialdemocratici. Nel frattempo - il 31 maggio - gli irlandesi si saranno pronunciati con un referendum sul fiscal compact, il patto di bilancio voluto sempre dalla Merkel. Al momento i sì prevalgono leggermente nei sondaggi, ma con un record del 40 per cento di indecisi. Tra un anno esatto si chiuderà il cerchio con le politiche in Italia e Germania, salvo anticipi. E l'Europa che ne uscirà sarà comunque profondamente diversa da quella vista all'opera (si fa per dire) fino ad oggi. Un'Europa in gran parte di segno politico diverso, ma soprattutto un'Europa che avrà riposto molte sue illusioni. A cominciare da quella, di sempre, di essere un luogo del mondo più sicuro, più stabile, più socialmente evoluto, più economicamente avveduto e più civile sia degli Usa sia delle nuove potenze asiatiche e sudamericane. Tutti questi voti avranno infatti uno stesso denominatore: la paura, l'incertezza, il rifiuto dell'esistente. In nome di che cosa? Ecco, questo gli europei non lo sanno. Per la prima volta dalla caduta delle dittature di destra e poi di quelle comuniste, l'Europa non ha un modello in cui credere veramente, da offrire come esempio al resto del mondo. Ed infatti in tutte queste tornare si vota contro qualcosa, non per qualcosa. Chi ha assistito mercoledì sera al duello al calor bianco tra Francois Hollande e Nicolas Sarkozy ha immediatamente percepito la differenza rispetto all'analoga sfida tv del 2007 tra Sarkò e Ségolène Royal. Allora il mercatismo guascone ma schietto di Sarkozy prevalse sull'impalpabile politicamente corretto della candidata socialista. La nuova frontiera era a destra, in Francia come poco dopo in Italia, e poi ancora in Gran Bretagna ed in Germania, nei paesi scandinavi. Ultimi baluardi di socialismo europeo a cadere, la Grecia e la Spagna. Oggi la sinistra sembra alla riscossa, ma è una amara rivincita. Quasi un'illusione ottica. Molti si augurano che all'Eliseo vada Hollande in spregio alla Merkel, non perché condividano le sue ricette retrò basate sull'aumento delle tasse, delle spese e delle assunzioni nel pubblico impiego. Così rischia di essere tra un anno anche in Italia, se l'attuale ectoplasma moderato non cala l'asso (ed un programma economico vero) come fece il Cavaliere nel '94. Non per nulla le parole d'ordine di Bersani non sono diverse da quelle di Hollande: la patrimoniale, l'asse con la sinistra sindacale - la Cgil da noi, la Cgt in Francia - la tutela della macchina statale, la spesa pubblica. Tutto ciò servirà a creare lavoro e sviluppo per i francesi e per gli italiani? Ne dubitiamo. Tra le ricette di Hollande c'è perfino un ritorno mascherato alle 35 ore, la sconfessione dei contratti di produttività, la pensione a 60 anni: quella voluta nel 1982 da Francois Mitterrand. Nulla, né da una parte né dall'altra, che possa far credere che l'Europa dei prossimi anni possa recuperare peso, importanza, competitività e quindi lavoro e benessere nel nuovo scenario mondiale. Nulla che possa schiudere orizzonti per quei giovani sui quali abbiamo scaricato le nostre inettitudini. Questo è in fondo il vero capolavoro di Angela Merkel e di quella classe dirigente che le si è accodata, per necessità o pavidità. Governanti che un eurocrate di lungo corso come il lussemburghese Jean-Claude Juncker, appena dimissionario, ha definito "una generazione di pragmatici senza ingegno". Eravamo, con un certo orgoglio, il vecchio continente. Saremo per calcolo e paura un continente vecchio.  

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