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Il ruggito del Cav: "Non mi arrendo"

Silvio Berlusconi

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Sono le sette di sera quando nel colloquio tra Giorgio Napolitano e Mario Monti – appena entrato nello studio del presidente della Repubblica – «esplode», trasmesso da tutte le tv, il videomessaggio di Silvio Berlusconi. Un discorso che era stato annunciato già dal primo pomeriggio e che il premier uscente, dopo averlo registrato nella sala stampa di palazzo Chigi, ha consegnato alle televisioni proprio in concomitanza con l'arrivo del suo successore al Colle. Un intervento nato soprattutto dalla rabbia e dall'amarezza per le contestazioni subite sabato sera davanti a palazzo Grazioli e davanti al Quirinale e che, nella sostanza, fa capire due cose: che Berlusconi si è dimesso da presidente del Consiglio ma non ha alcuna intenzione di uscire dalla scena politica; e che comunque le decisioni del nuovo governo tecnico dovranno essere sottoposte all'esame del Pdl. Ma allo stesso tempo Berlusconi ha voluto anche togliere all'opposizione la possibilità di attaccarlo per non essere disponibile al confronto: il tono del discorso – nonostante la rivendicazione di essere stato costretto a dimettersi non perché sfiduciato in Parlamento ma per le pressioni dei mercati finanziari – è puntato sul dialogo, sul senso di responsabilità che deve servire a portare l'Italia fuori dal pantano della crisi. L'inizio del videomessaggio è dedicato alla rivendicazione che alla maggioranza che ha governato fino ad oggi non c'è qualcuno che possa sostituirsi. «È chiaro a tutti – attacca il Cavaliere – che oggi non esiste un'alternativa politica rispetto al nostro governo, che ha servito l'Italia col supporto della maggioranza espressa dal voto degli italiani». Dunque il passo indietro è stato fatto solo per venire incontro alle richieste di Napolitano e per cercare di dare stabilità finanziaria al Paese: «Nella libertà e responsabilità delle nostre decisioni e secondo il principio di delega parlamentare che è il cuore del processo democratico in Italia siamo pronti a favorire gli sforzi del Presidente della Repubblica per dare subito al Paese un governo di elevato profilo tecnico, reso forte da un largo consenso parlamentare». «Subito dopo l'approvazione della legge di stabilità – prosegue – come avevo annunciato, ho rassegnato le dimissioni da presidente del Consiglio. L'ho fatto per senso di responsabilità, per senso dello Stato, per evitare all'Italia un nuovo attacco dalla speculazione finanziaria, senza essere mai sfiduciato dal Parlamento, dove possiamo contare tuttora sulla maggioranza assoluta». Ma quel che preme a Berlusconi è condannare le manifestazioni di piazza di sabato, gli insulti, le monetine, l'assedio a palazzo Grazioli. Scene che sono state la molla principale che gli ha fatto prendere la decisione di intervenire e di parlare agli italiani. «È stato triste vedere che un gesto responsabile e, se permettete, generoso come le dimissioni, sia stato accolto con fischi ed insulti. Ma per le centinaia di manifestanti che erano in piazza, milioni di italiani sanno che abbiamo fatto in coscienza tutto il possibile per preservare le nostre famiglie e le nostre imprese dalla crisi globale che ha colpito tutti i Paesi avanzati». Poi, dopo essersi tolto questo tarlo fastidioso che lo assillava da 24 ore, l'apertura alle opposizioni. E l'invito a mettere da parte liti e polemiche per lavorare insieme. «Qualunque sia il prossimo governo – spiega – nessuno potrà portarci via la nostra sovranità e la nostra autonomia nelle decisioni. Siamo un grande Paese. È arrivato il momento di mettere alle spalle ogni faziosità o gratuita aggressività». L'obiettivo è quello di far risalire l'Italia dalla crisi in cui è precipitata. Non certo per colpa del governo – ripete – ma per una condizione economica che ha colpito tutta l'Europa. «Dobbiamo uniti far fronte a una crisi che non è nata in Italia, che non è nata sul nostro debito, che non è nata sulle nostre banche e neppure in Europa: è una crisi che è diventata crisi della nostra moneta comune, dell'euro, che non ha il sostegno che ogni moneta deve avere. Il sostegno di una banca garante della moneta, che invece hanno il dollaro e la sterlina. Questo deve diventare la Bce se vogliamo salvare l'euro e con esso l'Europa». E all'opposisione che gli ha già fatto il funerale Berlusconi ribatte con una promessa: continuerò a lavorare per cambiare l'Italia. «Ringrazio comunque gli italiani, grazie per l'affetto, per la forza che ci avete trasmesso e che ci hanno permesso di raggiungere molti degli obiettivi che ci eravamo prefissi fin dal 1994, dal giorno in cui annunciai la mia discesa in campo e che ha cambiato la storia dell'Italia. Al credo politico che pronunciai allora non sono mai, mai venuto meno. Fu e rimane una dichiarazione d'amore per l'Italia. Non cambio una virgola di quelle parole, quell'amore e quella passione sono immutati. Per questo raddoppierò il mio impegno in Parlamento e nelle istituzioni». «Non mi attendo riconoscimenti – è la conclusione – ma non mi arrenderò finché non saremo riusciti a modernizzare l'Italia, riformando la sua architettura istituzionale, il suo sistema giudiziario, il suo regime fiscale». A Mario Monti, ora, è rimasta solo la strada della trattativa.

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