Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Bossi: "Prima la legge elettorale. Poi si vada al voto"

Umberto Bossi, della Lega Nord

  • a
  • a
  • a

Prima la legge elettorale. Poi il voto. Il tutto però senza dimenticare la Padania, il nodo Bankitalia, la difesa della propria famiglia, una rapida dimostrazione d'affetto per Maroni e, soprattutto, un chiaro avvertimento ai colleghi del Pdl per quanto riguarda il decreto sviluppo. Insomma, quando Umberto Bossi decide di sfogarsi lo fa seriamente e, non appena ieri alla Camera gli si sono avvicinati i cronisti, ha colto la palla al balzo per mettere qualche punto fermo. Per prima cosa il Senatùr ha voluto chiarire la sua posizione sulle eventuali elezioni anticipate. «Mi sembra obiettivamente complicato arrivare al 2013, è difficile spennare la gente e farsi votare. Meglio andare al voto prima». Eppure, se apparentemente il Senatùr sembra aver aderito al partito del voto, come aveva gia fatto Roberto Maroni, in pratica le cose sembrano essere ben diverse. Infatti specifica: «Prima bisogna fare la legge elettorale». Insomma, il voto non sarà a primavera, ma «un po' dopo..». E Berlusconi? La curiosità dei cronisti sulla reazione del Cav alla notizia è alta. Ma Bossi smorza gli entusiasmi («Io l'ho sempre detto, ma il premier è lui...») gettando addirittura acqua sul fuoco dei dissapori tra il Cav e ministro dell'Economia. «Berlusconi e Tremonti li ho visti, mi pare che la situazione sia molto meno grave di come viene descritta». Infatti i due hanno passato gran parte della mattina insieme nelle stanze del governo a Montecitorio. Bossi poi torna a insiste sui suoi cavalli di battaglia. Innanzitutto difende la Padania: «È una nazione stimata e conosciuta in tutto il mondo. L'Italia sta in piedi perché c'è la Padania che pompa i soldi, altrimenti cadrebbe». E a chi gli ricorda che quella che lui chiama «nazione» in realtà non esiste, il leader del Carroccio replica: «Se lo chiedete al ministero di Tremonti la conosce bene, la Padania è quella che mantiene l'Italia». Poi c'è la questione Bankitalia e il totonomine su chi andrà a ricoprire il posto che a giorni il governatore Mario Draghi lascerà per andare alla Bce. «Grilli è il più bravo d'Europa. Sarebbe un errore perderlo» commenta Bossi caldeggiando il direttore generale del Tesoro principale rivale del favorito Fabrizio Saccomanni. Una partita che la Lega sta combattendo compatta quasi a dimostrazione di quello che l'Umberto dirà sul ministro dell'Interno: «Io e Maroni siamo amici da troppi anni». Ma, subito dopo aver messo a tacere le polemiche sorte intorno al ruolo di sua moglie nel partito («Ha sempre lavorato per la Lega ed è l'unica che non ha avuto mai niente»), fa intendere quello che sarà il vero e proprio banco di prova sul quale si decideranno le sorti del governo. Ovvero il decreto sviluppo. Le richieste della Lega stavolta coincidono con quelle del premier e sono in rotta di collisione con i paletti fissati da Giulio Tremonti: non solo liberalizzazioni e norme «ordinamentali», servono risorse fresche. È per questo, spiega un deputato della Lega, che il Carroccio si è sfilato dal vertice convocato a palazzo Grazioli: doveva vedere riunita tutta la maggioranza, si è derubricato a incontro tra i pidiellini. Così a Bossi non resta che attendere. E commenta: «Aspettiamo di vedere tutto il decreto, poi discutiamo». Perché «il testo che abbiamo visto finora - spiega un dirigente leghista - contiene liberalizzazioni e norme senz'altro positive, ma che da sole non possono bastare». E se il decreto non dovesse essere quello che vuole la Lega? A quel punto la parola potrebbe passare al Capo dello Stato, e potrebbe finalmente concretizzarsi il progetto cui il ministro dell'Interno lavora da tempo: un governo di centrodestra riallargato all'Udc, con un premier diverso da Berlusconi.

Dai blog