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Papa: «Non me l'aspettavo Avevamo avuto garanzie»

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seguedalla prima di FABRIZIO DELL'OREFICE Guarda fisso Fini. Esce dai banchi alla sua sinistra, dove la grande ringhiera in legno segna la fine degli spalti dei deputati. Scende. Una fila, due file, tre. Gira a sinistra e s'avvia verso l'uscita dall'emiciclo, gli arriva da dietro Renato Farina. Gli accarezza la testa. Gli dice qualcosa. Lui, Papa, preso di soprassalto, si volta indietro, si abbracciano, poi Alfonso esce. Vaga per i corridoi. Vuole andare verso l'ufficio, fuori da palazzo Montecitorio, fuori. I commessi lo attorniano. Il deputato in attesa di finire in manette dice con un filo di voce: «Andiamo al 24». L'uscita 24 è il portoncino che dà su piazza del Parlamento 24, il retro di Montecitorio. Lo prendono in consegna i commessi. Uno gli consiglia: «Onorevole, c'è della gente. Meglio evitare». Papa domanda: «E allora che facciamo?». Nemmeno i commessi lo sanno. Non erano preparati neppure loro. Si scambiano occhiate. Uno, che sembra il più anziano, prende in mano la situazione, gli fa imboccare delle scale secondarie interne. Cerca di portarlo in via della Missione, una strada laterale, quella dell'attentato a Palmiro Togliatti. Ma bisogna evitare l'uscita numero 4, quella della sala stampa, zeppa di giornalisti. Meglio l'uscita 8. Scende le scale rapidamente, Papa, raggiunge il corridoio dove c'è - guarda caso - la sauna riservata ai parlamentari, uno dei simboli della casta. Papa cammina. Anzi, vaga. La pancetta di chi fa vita sedentaria, una leggera gobba, la testa china. Un braccio, quello destro, piegato dietro la schiena. L'altro penzoloni. Onorevole, se l'aspettava? «No, non me l'aspettavo». Guarda a terra. Perché non se l'aspettava? «Avevamo avuto rassicurazioni». Rassicurazioni? Da chi? «Da tanti, che in privato mi hanno parlato in questi giorni. O ci avevano detto…». Detto che avrebbero votato contro l'arresto? «Sì, contro l'arresto». Si ferma, si gira. Ha gli occhi azzurri. Rossi. Un uomo sconvolto. «L'arresto, capisce», dice. Gli occhi si fanno umidi. Riprende a camminare. A vagare. Il commesso lo ferma: «Onorevole, non usciamo da qui. Fuori è pieno di telecamere». Lui fa un cenno, come di assenso. Si volta, torna indietro. Ma chi l'ha tradita? Il suo partito? «No, il mio partito no. Mi ha difeso, tutti i big mi hanno difeso». E chi? La Lega? «Non so, devo capire. Che vuole che le dica. Non capisco. Non so. La prego, mi comprenda». Piange Papa. Arriva davanti a un ascensore. Si rivolge al commesso che sta alla sua sinistra e che spinge freneticamente il bottone della chiamata, come se fosse possibile far scendere la cabina più rapidamente: «Senta, possiamo andare in un posto». Si interrompe. Ha un nodo in gola, non riesce a parlare. Riprende: «Dove non c'è nessuno». Guarda il cronista alla sua destra: «Cerchi di capirmi, non mi faccia altre domande». Si gira a sinistra come se volesse supplicare il commesso di portarlo via, e quello lo rassicura con un'occhiata: «Onorevole, ho capito. La porto su, c'è un salottino...». Papa annuisce, e poi domanda al commesso: «Cosa succede adesso? Come funziona?». L'interlocutore farfuglia qualcosa. C'è un grande imbarazzo. Nessuno sa esattamente quale sia la procedura. L'ascensore non arriva, Papa decide di camminare di nuovo. Senta, onorevole, finora le richieste di arresto sono sempre state respinte: per la sua invece... Il deputato in procinto di finire in galera cammina, di nuovo a testa bassa. Il commesso accelera, lo porta in un sotterraneo. Lui prova ad argomentare: «Bastava leggere le carte, era tutto chiaro già nelle carte. Sono un perseguitato politico. Me la vogliono far pagare da anni». Prende il telefonino. Cerca di chiamare la moglie, ma qui sotto non c'è campo. Prova e riprova. Aveva pensato al momento dell'arresto? «Gliel'ho detto tante volte in questi giorni. Sono sereno. Farò la mia battaglia anche da detenuto». Continua a muoversi per i corridoi, armeggia con il telefonino. Viene condotto nella galleria dei presidenti. Ci sono due assistenti ad attenderlo. Finalmente riesce ad avvisare casa. Farfuglia qualcosa. Sopraggiungono colleghi deputati. Annagrazia Calabria e Gabriella Giammanco. Poi Mariarosaria Rossi, che piange a dirotto: lo abbraccia forte. Poi Barbara Mannucci, quindi i parlamentari campani. Nicola Cosentino, Mario Landolfi, Pina Castiello. Papa smozzica le parole, cerca di capire la procedura da seguire. Poi decide di non indugiare, meglio andare a costituirsi.

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