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Latina e l'incubo di svegliarsi rossa

Giovanni Di Giorgi sindaco di Latina

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E se Latina, l'ex palude dura e pura (nella quale vengono ancora venduti con orgoglio tutto pontino i ricordini del Duce), uscisse rossa dalle elezioni comunali del prossimo fine settimana? Equazione impossibile, si dirà. Latina non è Berlino, qua il muro - nero come la pece - non cade neanche con le cannonate, commentano gli ex missini, i figli dei bonificatori che si accalcavano in piazza del Popolo per applaudire il Duce. Latina che cambia strada e va a sinistra vogliosa di percorsi vergini? La scienza dei numeri, ma soprattutto delle beghe interne al centrodestra, concentratesi nell'annus horribilis dell'ex sindaco Vincenzo Zaccheo, il 2010, rendono invece possibile il colpo di scena. Ipotizzabile. Ecco perché. I due candidati (in realtà complessivamente tredici, fra liste e listarelle) sono Giovanni Di Giorgi per il centrodestra e Claudio Moscardelli per il centrosinistra. Quest'ultimo incede sicuro con uno strascico di liste e potrebbe, in caso di ballottaggio, contare anche sui voti dei fasciocomunisti di Antonio Pennacchi, il trascinatore della lista Futuro e Libertà, mescolanza di tradizioni pontine fatte di lavoratori dal cuore rosso si, ma pure «duro e puro». Entrambi, Di Giorgi e Moscardelli, incarnano la dicotomia di una città confusa fra le sue stesse facce. Una, quella incarnata efficacemente da Moscardelli, è conservatrice e levigata, provvista della moderazione rassicurante della vecchia Dc, che a Latina ha regnato negli anni d'oro di Andreotti, delle cene elettorali con 500 invitati, gli anni Settanta segnati dalla corsa (riuscitissima, qua in provincia) al posto fisso. Di Giorgi è l'altra faccia di Latina, quella della Destra che non si perdeva un comizio di Giorgio Almirante. Che si riuniva nelle trattorie dei borghi con un bicchiere di vino e i cappelletti fatti in casa intonando «Faccetta nera». La politica dei guanti bianchi democristiani ha avuto la meglio sul cuore battente bandiera nera fino al 1993. Sono stati dodici i sindaci di Latina dal 1932 ad oggi, ma solo Ajmone Finestra (eletto nel 1993) e Zaccheo gli uomini di Destra. Una svolta senza retromarce, se non fosse stato per il fatto che l'ex senatore Claudio Fazzone, anima dell'ex Forza Italia, reuccio con schiere di sostenitori (e di nemici) a Fondi, potere «cash» in mano, si è scontrato con il potere più misurato, ma troppo appetibile, dell'allora sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo. Guerra di progetti e di intenzioni. Più una pace armata che una sinergia fra i due, fino al 15 aprile 2010, quando 22 consiglieri comunali si sono dimessi in un «golpe» contro Zaccheo che è mancato di limpidezza. Ci si è messa, guarda caso, anche «Striscia la Notizia», che ha mandato in onda un incontro tra Zaccheo e la Polverini in cui il sindaco avrebbe chiesto (ipotesi poi smontata in Tribunale) raccomandazioni per le proprie figlie. Zaccheo mandato a casa insomma, e al suo posto è arrivato il commissario prefettizio Nardone, stesso incarico già ricoperto a Fondi fino a poche settimane prima. Da allora e fino ad oggi l'alleanza ricucita con la presenza di Di Giorgi in vista delle elezioni è stata frutto di compromessi, mica di volontà. Ma sull'appuntamento di domenica incombono i rischi del voto disgiunto e di mosse imprevedibili nella stessa coalizione, che si appresta questa sera a guadagnarsi centinaia di consensi in più chiudendo la campagna elettorale insieme al Latina calcio, che festeggia la promozione in Prima divisione. Come dire, l'ultimo tentativo di fare gol prima degli avversari.

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