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segue dalla prima di FABRIZIO DELL'OREFICE Che pensa a difendere la spaventosa mole di interessi che gli italiani hanno in Libia.

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Cheporterà all'inevitabile fuga di massa di essere umani che si riverserà sulle coste della Penisola (e soprattutto delle isole) a breve. Insomma, Berlusconi non è indifferente. Non potrebbe esserlo. Ma allo stesso tempo è l'identico Berlusconi che si è ritrovato di fronte Giulio Tremonti, quel Tremonti che ha storto la bocca e in una smorfia s'è fatto uscire una delle sue battute che vogliono dire tutto: «Ma quanto ci costa?». Quanto ci costa un altro intervento militare? Ce lo possiamo permettere? Ecco, ce lo possiamo permettere? Il ministro dell'Interno Roberto Maroni continua a mettere tutti sull'allerta per il rischio terrorismo, l'arma più potente di Gheddafi. C'è poi la generale diffidenza che i Paesi europei accolgono il premier italiano per il suo rapporto con Gheddafi. Tutti ricordano la foto del baciamano del Cavaliere. Berlusconi resta dunque defilato. Una scelta per il momento obbligata. Anche se il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, e quello degli Esteri, Franco Frattini, lo spingono a non rimanere a guardare. Il premier si gioca così la carta della Nato. Evitare che l'intervento sia solo in mano alla Francia, sebbene sia impossibile fermare la sfuriata iniziale che Sarkozy ha chiesto. Voluto. Preteso. No, non si può bloccare. Si può offrire invece una disponibilità ampia anche in virtù del mandato molto largo avuto dal Parlamento. E provare a giocare un ruolo più da protagonista quando dopo i «fuochi d'artificio» francesi inizierà la vera e propria azione militare. L'Italia è fuori per ora e dà solo l'uso delle basi. Ma è «disponibile» a fare di più anche se Berlusconi si premuri di affermare durante una improvvisata conferenza stampa in ambasciata: «Non credo che ci siano esigenze particolari a riguardo». Spiega il capo del governo: «Come voi sapete si deve innanzitutto mettere in atto il rispetto della no fly zone e quindi io credo che i mezzi della Francia, dell'Inghilterra e degli altri Paesi» siano sufficienti «quindi, noi abbiamo detto che saremo a disposizione ove si rivelasse la necessità del nostro intervento e comunque mi sembra che già le basi siano una partecipazione importante e direi indispensabile affinché queste operazioni possano avvenire». E rassicura: «Voglio tranquillizzare gli italiani. Le forze armate ieri hanno fatto un esame approfondito e la loro conclusione è che non ci sono armi libiche in grado di raggiungere il territorio italiano». Il nostro Paese prova a rientrare il gioco offrendo anche la logistica del comando candidando Napoli (per ora la guida è della VI flotta). Dove ci sono a disposizione l'aeroporto di Capodichino se fosse un'azione condotta dall'«alleanza dei volenterosi» (anche con Paesi non Ue e non Nato) o Bagnoli se invece si trattasse di un'iniziativa dell'Alleanza Atlantica. Dice il premier: «Credo proprio che sarà nella base Nato di Napoli che sarà fissata la sede del coordinamento delle operazioni». Così, si toglierebbe lo scettro alla Francia nostra concorrente economica e commerciale in Libia e soprattutto nel Mediterraneo. Proprio per questo, a giudizio del Cav, non possiamo rimanere cauti: «La posizione della Lega - sono le sue parole - è una posizione che risiede nella prudenza anche personale dell'onorevole Bossi che ieri (venerdì, ndr) ha auspicato che posizioni come quelle della Germania potessero essere seguite anche da parte nostra, tuttavia questo non è possibile visto che le basi di cui noi disponiamo sono determinanti». In serata lascia ancora aperta una porta parlando ai microfoni di Sky Tg 24: «Speriamo ancora che ci possa essere un ripensamento del regime libico».

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