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Fli rinvia il congresso Le firme non ci sono

Gianfranco Fini

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Non è ancora ufficiale. Ma Futuro e Libertà, nei prossimi giorni, potrebbe decidere di spostare il suo primo congresso. Uno slittamento che appare come una frenata. Una brusca frenata. Per ora, sul sito di Fli continuano a campeggiare le date precedentemente fissate per l'assemblea costituente del partito, di fatto il congresso: 14-16 gennaio 2011. La macchina organizzativa si sta già muovendo, ma l'appuntamento si ritiene ormai rimandato di un mese: nei giorni 11, 12 e 13 febbraio. La sede resta Milano. I motivi del rinvio sono diversi. Anzitutto, il manifesto per l'Italia lanciato a Perugia all'inizio di novembre. Secondo l'obiettivo di Fini, avrebbe dovuto raccogliere almeno centomila firme. Stando al dato riportato su internet, le adesioni invece sarebbero ancora a quota 44mila. Il condizionale è d'obbligo, perché il counter non è certificato. Dunque, chi lo gestisce può in teoria indicare il numero che vuole. Per le sottoscrizioni, negli ultimi giorni sono stati allestiti gazebo lungo le vie dello shopping. Ma - con il maltempo, la pioggia e persino la neve in molte città del Nord – i risultati complessivi non sono stati esaltanti. I problemi maggiori tuttavia sono dovuti all'organizzazione sul territorio. Fli poggia ancora in larga parte su Generazione Italia, il network di Italo Bocchino. Che è una struttura fondamentalmente virtuale, organizzata anche molto bene ma esclusivamente su internet. E, indubbiamente, c'è una bella differenza tra mettere in piedi una mobilitazione in rete e una in carne e ossa. Natale è dietro l'angolo e a breve le attività si fermeranno del tutto, a cominciare da quelle politiche, che riprenderanno effettivamente nella seconda decade di gennaio. Quindi, la convention a metà mese sarebbe risultata troppo vicina. Fli è come un bimbo piccolo. Muove i primi passi. Un congresso a gennaio equivarrebbe a pretendere che si mettesse già a correre. Poi c'è una questione più squisitamente politica. E attiene alle ultime prese di posizione dei finiani. Da quando hanno annunciato la mozione di sfiducia a Berlusconi, hanno registrato una brutta caduta nei consensi, soprattutto tra chi, da destra, guardava con attenzione e interesse al nuovo partito. Per questa fetta di elettorato, va bene una richiesta di svolta da imporre all'esecutivo, ma è troppo pretendere di mandarlo a casa. Per giunta, assieme alla sinistra... Non è un caso che Fini abbia dovuto imprimere una correzione alla sua rotta e spiegare che martedì prossimo «non ci saranno ribaltoni» e, nel caso di elezioni, Fli non farà alleanze con la sinistra. Infine, c'è il fattore economico. La cena di raccolta fondi, una settimana fa a villa Miani a Roma, è andata male. S'è presentata appena la metà dei mille invitati (a mille euro a posto a tavola). Nessuno dei big dei potentati economici della Capitale s'è fatto vedere. E persino l'Economist, il settimanale economico che ha espresso i giudizi più duri contro il Cavaliere, ha cominciato a scaricare il presidente della Camera, notando come il 14 dicembre sarà una giornata «cruciale» non solo per Berlusconi, ma anche per Fini. Nell'articolo dal titolo emblematico, "Finished by Fini?" (Finiti da Fini?), la testata britannica pone l'accento sulle «macchinazioni» del leader di Fli prima dei voti di fiducia e sottolinea l'«incertezza che circonda, le intenzioni e le tattiche dell'uomo che ha fatto precipitare la crisi, Gianfranco Fini».   Per l'Economist, «pochi dubitano della sincerità» di Fini, ma «il suo partito alle prime armi ha forse il pedigree più stravagante rispetto a ogni altro gruppo progressista della destra europea». Per il settimanale, il presidente della Camera si pone come obiettivo «una forma di conservatorismo più moderna, tollerante e meno autocratica» di quella rappresentata da Berlusconi.

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