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segue dalla prima di MARIO SECHI I sette punti elencati possono arricchirsi di ulteriori eventi, contrattempi, incidenti e accidenti, ma sono la trama di un percorso che di ora in ora subisce accelerazioni.

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Dettoquesto, in attesa di vedere altri soggetti entrare in campo e altre situazioni venir fuori dal cilindro magico delle procure, è vero che il nodo di tutta la vicenda è quella telefonata a dir poco irrituale da parte della più alta carica del governo alla polizia di Milano, ma il plot narrativo che resta nell'immaginario collettivo è quello di una storia di donnine venuta a galla per l'ennesima fuga di notizie da parte di una delle tante procure che si stanno dando da fare per incastrare il Cavaliere. Questo è il punto, il resto della vicenda è un corollario e la politica è davvero annichilita, ridotta ai minimi termini. La telefonata in questa telenovelona è solo l'artificio retorico necessario per innescare l'indagine e gli accertamenti non solo sul questore di allora - Indolfi ieri è stato interrogato dalla procura - ma anche sul ruolo avuto dal presidente del Consiglio nella liberazione di Ruby, la ragazza marocchina che ha innescato lo scandalo o presunto tale. In un altro sistema e in un altro Paese, prima di tirare le somme, le righe e soprattutto far tirare le cuoia all'esecutivo si sarebbe aspettato l'accumularsi di fatti precisi, distinguendo la politica a cui si dedicano molte persone perbene, dal folkore, dalle battute a buon mercato e da un contesto di generale degrado e scadimento del dibattito pubblico. In un altro contesto sarebbe stato decisivo leggere il verbale redatto dalla polizia sulla vicenda Ruby per capire dove stanno i torti e le ragioni, quali sono le reali dimensioni del fatto e del chi ha fatto cosa, ma se osserviamo tutta la dinamica del caso "Bunga Bunga" è chiarissimo che in realtà questo non è che un tassello e non è poi così importante, anzi è addirittura marginale rispetto al the end immaginato da chi tira i fili di questa operazione di macelleria non di un governo, ma dell'intero sistema istituzionale. Ciò che conta in questo scenario da cinepanettone avariato è la tempistica e l'onda d'urto che viene prodotta dalla notizia del Cav indagato, nient'altro. Il boato sovrasterà ogni ragionamento e tentativo di produrre una soluzione che salvi non Berlusconi, ma quel che resta del nostro sistema politica. La verità per la ditta di demolizioni che ha preso l'appalto dell'opera finale è un incidente di percorso che può verificarsi o meno, ma non è il nocciolo del racconto e non serve a costruire lo scontato epilogo ribaltonesco. Siamo precipitati in una dimensione totalmente mediatica e stupisce che nella maggioranza in pochi abbiano davvero compreso che la partita si gioca tutta sul piano della comunicazione e non delle eccezioni legali e dei miopi giochetti in toga. Ci vorrebbe non il solito Azzeccagarbugli, ma una sopraffina mente politica per uscire da questo pantano e salvare la maggioranza da una crisi che per il momento appare davvero alle porte. Nessuno pensa seriamente che la legislatura possa giungere al termine in queste condizioni e tra il Pdl e i finiani in realtà è in corso solo il gioco del cerino, un continuo rimandare al mittente la mossa che dovrebbe poi portare alla crisi e caduta del governo. Chi rompe e fa cadere l'esecutivo, si porterà dietro il peccato originale di aver chiuso la legislatura in maniera prematura. La verità è che siamo giunti a velocità stratosferica alla mano finale del partitone a poker tra l'outsider Berlusconi e l'establishment che per sedici anni non l'ha mai accettato come espressione della maggioranza degli italiani. La nota dei capigruppo del Pdl che chiede a Fini di esser chiaro una volta per tutte sul suo appoggio all'esecutivo e la scontata risposta di Futuro e Libertà che assicura lealtà e chiede il rilancio del governo è solo un «dialogo» del tutto artificioso in un racconto collettivo della nostra politica che prevede il crollo, lo stupore ipocrita, il crac del Paese e l'arrivo di un Uomo della Provvidenza che puzza di Gattopardo lontano un miglio. Questo minuetto eseguito con lo stiletto nascosto dietro la schiena è il segnale che stiamo per assistere alla fine del primo tempo di una pellicola con una sceneggiatura incredibile, un film che tra qualche giorno delizierà gli spettatori della politica con memorabili scene d'azione, inseguimenti e assalti alla diligenza. Qualcuno in sala in queste ore sta ridendo sguaiatamente, pensa di assistere alla proiezione di un film comico e invece siamo di fronte a una tragedia. Ordinate il popcorn e state incollati alla poltrona, nel Palazzo sta per saltare tutto.

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