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La parolaccia diventa arma di battaglia politica

Umberto Bossi

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«Sei uno stronzo», «un coglione», «vai a farti fottere», «rappresenti un'elite di merda», «fai schifo», e, ciliegina sulla torta «vai a morire ammazzato». L'elogio della parolaccia è servito. Ce n'è per tutti i gusti, per l'elettore di centrosinistra o per quello di destra, per il presidente del consiglio o per il leader dell'opposizione ma il denominatore comune è sempre lo stesso: se in politica vuoi lasciare il segno allora devi arricchire il tuo dizionario di una buona dose di "politically uncorrect". In altre parole ormai è dato per assodato che in politica il galateo è merce rara e che, a confronto con il turpiloquio dei nostri giorni, le famose "bischerate" di fanfaniana memoria rischiano di diventare musica anche per le orecchie degli accademici della Crusca. La più "fresca", cronologicamente parlando, non poteva che essere del Lumbard Umberto Bossi che senza troppi sofismi ha bollato l'ex alleato Pier Ferdinando Casini come uno «stronzo». Che cosa abbia effettivamente in comune il leader centrista con quello che il dizionario Hoepli definisce «tratto di escremento solido di forma cilindrica» è difficile a dirsi, ma questo al mondo leghista poco importa. Al popolo dell'Umberto interessa che il proprio leader si metta in canottiera, mostri il dito medio e urli. Fa parte del folklore nordista e se, nella foga, parte anche una parolaccia allora ci scatta pure l'applauso. Ma Bossi non è stato il primo a appellarsi allo «stronzo». Gianfranco Fini aveva intrapreso quella strada già a novembre dello scorso anno quando, per sintonizzarsi con dei giovanissimi immigrati ha fatto ricorso alla classica parolaccia: «Chi discrimina è "stronzo"». Di certo però la politica non è nuova al turpiloquio, ma logicamente si è adeguata ai tempi.   Così, se nel 1948 Alcide De Gasperi dava dell'«agnello dal piede caprino» al leader comunista Palmiro Togliatti e questo rispondeva accusandolo di essere «uomo di non troppa grande cultura», oggi i toni si sono fatti più aspri. E, par condicio per par condicio, anche la sinistra ha dato prova di non essere da meno. Per esempio, qualche mese fa, l'ex premier Massimo D'Alema ha perso le staffe in tv e, dopo essere stato punzecchiato dal condirettore del Giornale, Alessandro Sallusti, l'ha invitandolo ad andare «a farsi fottere». Ma è la parola «coglione» a subire il maggior numero di evocazioni da parte dei politici de' noantri. E così, ispirandosi all'oratore latino Cicerone che, più volte, ha usato la parola coleus,il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, si è fatto prendere la mano e ha pensato bene di utilizzarlo per attaccare il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini accusandola, per l'appunto, di rompere i coglioni agli insegnanti. Ancor prima, però, fu il premier Berlusconi ad avvalersene: era l'aprile del 2006, per esempio, quando durante la campagna elettorale (che poi perse, ndr) il Cavaliere definì, in quel modo, chi avesse avuto intenzione di votare a sinistra. Ma già prima ne aveva fatto ricorso quando, attaccato verbalmente da un ragazzo Berlusconi rispose a brutto muso: «Tu non ti puoi permettere, tu sei un coglione». Ma Berlusconi è stato preceduto da altri. Nel 2002, infatti, fu Gianfranco Fini a lasciarsi sfuggire l'espressione. Alla Camera si votava la Finanziaria e il ministro Tremonti non riusciva a parlare per le interruzioni dei deputati del centrosinistra. Fini, senza accorgersi che il microfono era aperto, gli sussurrò: «Non replicare a questi coglioni». Ma anche Bossi non ha voluto essere da meno attingendo pure lui dal repertorio legato all'apparato genitale maschile: «Ci siamo rotti le palle, e allora faccio come Braveheart: torno su, mi tolgo la giacca e tiro fuori lo spadone», esclamò poco prima delle elezioni del 1996. Qualche anno dopo, parlando dell'opposizione, disse: «La sinistra vuole che la maggioranza mostri i coglioni? La maggioranza i coglioni li ha e li mostra». La domanda a questo punto sorge spontanea: ma tutti questi "puristi della lingua italiana" sanno che la sentenza 35523 del 2007 emessa dalla Corte di Cassazione dice che «è in ogni caso estraneo, all'esercizio delle funzioni parlamentari, l'uso del turpiloquio»?. Forse sarebbe il caso che ci facessero tutti un pensierino.  

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