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Ultimatum a Fini: prendere o lasciare

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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«Sui 5 punti non tratto, prendere o lasciare. Non accetteremo un voto sul 95% della mozione, non intendiamo trattare sul 5% relativo alla giustizia. Quanto a Fini se fa un partito tradisce gli elettori, è lo strappo finale». Berlusconi davanti ai big del partito e ai rappresentati dell'ala movimentista riuniti a Palazzo Grazioli, tira dritto: nessuna trattativa e nemmeno quella fiducia al 95% di cui parla il finiano Italo Bocchino. Il piano in cinque punti definito venerdì deve essere votato al 100% altrimenti si va al voto. Ed questa prospettava appare al premier sempre più reale, più vicina, tant'è che il vertice di ieri è stato convocato proprio per mettere a punto la strategia in caso di elezioni anticipate. Chi vi ha partecipato riferisce di un presidente molto teso e quantomai deciso a mettere nell'angolo Fini. Berlusconi non deve aver digerito le parole del finiano Bocchino, quella fiducia al 95% che lascia fuori la giustizia e prospetta il riaprirsi dello scontro. Così lascia filtrare da Palazzo Grazioli un messggio perentorio: questa volta, sui cinque punti, compresa quindi la giustizia, non ci sono tanti giochetti da fare; prendere o lasciare o il banco salta e si torna alle urne. Quanto a Fini, Berlusconi è sicuro che «non si dimetterà da presidente della Camera». Potrebbe però fare di peggio. Ovvero annunciare alla festa di Mirabello l'intenzione di fondare un nuovo partito. In questo caso, ha detto Berlusconi ai suoi, «tradirà gli elettori». Peraltro «già la costituzione di un gruppo parlamentare autonomo da parte dei finiani costituisce un vulnus notevole» e quindi, secondo il premier «è inevitabile che qualcosa accadrà, perché questa è una situazione che non può andare avanti all'infinito». All'origine di questa offensiva del presidente della Camera, vi sarebbe anche il fatto che è sobillato da cattivi consiglieri. Berlusconi si è limitato a indicarli come quei «soliti tre», ma nessuno dei presenti ha avuto dubbi sul fatto che si riferisse a Granata, Bocchino e Briguglio. Ma il premier ha detto di essere convinto che c'è anche unQuanto ai moderati, il premier si è detto convinto che c'è anche un gruppo nutrito di finiani che non seguirebbe Fini nel caso in cui si dovesse arrivare ad una redde rationem nella maggioranza. «Chiederemo a ognuno di loro se vogliono tenere fede agli impegni presi e sono convinto che non tradiranno i loro elettori». Ma il premier guarda anche oltre. Ed ecco che rispunta l'ipotesi, mai accantonata, di un recupero dell'Udc di Casini. «Pier Ferdinando dovrebbe venire con noi, sarei contento se entrasse nella nostra squadra» ha detto ai suoi delineando che «lui stesso avrebbe dei vantaggi visto che come dimostrano le Regionali, con noi l'Udc prende più voti mentre con la sinistra li perde». Nel corso del vertice il premier ha anche dato una lezione di comunicazione ai dirigenti del partito invitandoli «ad abbassare i toni nelle dichiarazioni sui giornali». Il riferimento era agli attacchi subiti da Giorgio Napolitano. L'incontro è servito anche a mettere a punto una strategia in caso di elezioni anticipate che il premier ha ribadito di non volere. Berlusconi ha dato mandato al Pdl di costituire in tempi brevi le «Squadre della libertà», una struttura che in raccordo con il partito e i suoi vertici e sotto la guida dell'ala movimentista del Pdl, si occuperà di radicare il partito sul territorio e, in caso di elezioni anticipate, di mobilitarsi per coprire i 61mila seggi elettorali.

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