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Un problema politico ed istituzionale

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La mozione di sfiducia individuale, rivolta contro il sottosegretario Giacomo Caliendo, è un problema politico, ma anche istituzionale. Per comprendere il primo, per potere misurare la condotta di ciascuno, occorre chiarire i contorni del secondo. Nel nostro sistema costituzionale i ministri sono nominati, su proposta del presidente del Consiglio, dal Presidente della Repubblica, i sottosegretari direttamente dal capo del governo. Né la più alta carica dello Stato né il responsabile dell'esecutivo, però, possono revocare questi incarichi. La ragione è che il governo riceve la fiducia del Parlamento nel suo insieme, non ministro per ministro (come, in un certo senso, accade negli Stati Uniti), quindi non si può modificare la compagine ministeriale altro che per il tramite di dimissioni o di una crisi di governo. I parlamentari, però, possono presentare mozioni di sfiducia individuali. Lo squilibrio è evidente, nonché privo di giustificazioni ragionevoli. E qui veniamo alla questione politica. Se per liberarsi di questo o quel componente del governo si dovesse prendere un'iniziativa dall'interno dell'esecutivo, non resterebbe altra strada che farlo cadere. Tutto quanto. Siccome non lo fanno, è segno che questo non lo vogliono né i berlusconiani, né i leghisti, ma nemmeno i finiani. I quali ultimi, anzi, ci tengono a ribadire che dove si trovano ci stanno benissimo. Allora, in queste condizioni, è politicamente lecito approfittare d'iniziative dell'opposizione per modificare la composizione del governo del quale si fa parte? Già in tre casi, qualsiasi cosa se ne pensi, le cose sono andate esattamente così, costringendo gli interessati alle dimissioni, fintamente offerte e, in realtà, sofferte. Ora siamo al quarto giro. Cosa faranno coloro i quali hanno appena finito di creare nuovi gruppi parlamentari, sottraendo eletti alla maggioranza? Se si pronunceranno a favore della sfiducia sarà chiaro che si tratta di opposizione. Se si pronunceranno contro la sfiducia finiranno con il perdere il favore di chi vede in loro lo strumento per indebolire, e possibilmente abbattere, il vincitore delle elezioni. Se sceglieranno l'astensione sarà una scelta ipocrita se solitaria, ma sospetta se concertata con altri gruppi, ad esempio l'Udc. Perché l'unità d'intenti fra Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini segnerebbe una grave debolezza del governo, lasciando sullo sfondo il ruolo del colle più alto e cambiando segno alla scelta, praticamente unanime, del vice presidente del Csm. Mettetela come vi pare, ma se non si rimedia lo squilibrio istituzionale, se non si trova lo spazio e il modo per riflettere sulla collocazione costituzionale di un governo che si volle debole (ma in epoca e con ragioni del tutto diverse) vicende come questa si riprodurranno all'infinito. E non si dica che hanno a che vedere con altro che con le faide di palazzo. Senza contare che tutto origina da quella che ancora mi sembra una grande bufala. Una riflessione dovrebbero farla anche quelli che hanno proposto la mozione di sfiducia, perché non è vero che il compito dell'opposizione è principalmente o solo quello di nuocere al governo, senza neanche porsi il problema di quel che può accadere dopo. Questa storia della P3 rischia di creare un terrificante precedente, talché basterà individuare una qualsiasi congrega, stabilendo (per il tramite di un pubblico ministero) che si tratta di un'associazione segreta, non tenere conto neanche del niente che sono riusciti a combinare, denominarla P qualche cosa e pretendere dimissioni collettive. Non sarebbe un modo per moralizzare la vita pubblica (che ne ha bisogno), ma per seppellire la politica. A 18 anni dal 1992, è ora che la politica riconquisti per intero la propria autonomia e la giustizia riprenda per intero la propria sovranità. Per ottenerlo occorre che la prima non confonda il giudizio morale, che pure è legittimo, con le inchieste in corso, e che la seconda non sostituisca l'avvio dell'azione penale alle sentenze. Occorre che la prima valuti idee e proposte, mentre la seconda pesi le prove in regolari dibattimenti, che giungano in tempi ragionevoli. Sovrapponendosi e scambiandosi i ruoli, invece, l'una umilia la libertà e l'altra cancella il diritto.  

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