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Saltamartini: "Minacciata di morte"

Barbara Saltamartini

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Per essere scossa è ancora scossa. Chiusa nel suo ufficio.  Per essere scossa è ancora scossa. Chiusa nel suo ufficio di piazza San Silvestro, si gira e rigira tra le mani quella mail. Barbara Saltamartini la rilegge ad alta voce pronunciando a mezza bocca gli insulti: «Sappiamo chi sei, che faccia hai... Ti facciamo fuori... Se ti vediamo per strada, ti buttiamo sotto e via così. Insomma, ci sono minacce di morte», sospira la deputata romana del Pdl che l'altro giorno ha reagito alle offese del parlamentare dell'Idv Franco Barbato, e di lì è scoppiata la rissa. L'altra sera alla Saltamartini sono arrivate minacce di morte via mail. «Ho dato mandato di denunciare tutto».  Onorevole, perché a suo giudizio viene minacciata? «È quello che accade quando si surriscalda in quel modo il clima politico, con offese gratuite, offendendo persone oneste a casaccio, sputando falsità come ha fatto Barbato».  D'accordo, ma forse non è nemmeno un bel modo reagire con la rissa? «Non è un bel modo ma io non ho toccato nessuno, sia chiaro. E ci mancherebbe. Ho sentito offendere in quel modo il ministro Meloni e il sindaco Alemanno e ho reagito, andando incontro al deputato dell'Idv e dicendogli: "Ma come ti permetti?". Lui ha risposto dandomi della camorrista e di andare ad allietare Berlusconi. Non mi sembra giusto che un parlamentare insulti una sua collega in quel modo».  Ha avuto solidarietà da colleghe del Pd? «Solo Paola Concia mi ha espresso convinta solidarietà. Eppure le offese che ho ricevuto sottendono pregiudizi ignobili sul ruolo delle donne in Parlamento. Aspetto di vedere la prossima volta che s'azzaderanno a dire che loro difendono il mondo femminile».  A tre giorni di distanza, lo rifarebbe quello che ha fatto? «Reagirò tutte le volte che si darà del ladro a un politico onesto. Per alcuni forse è un accusa di poco conto. È "normale". Ma per me è una cosa gravissima, insopportabile. Non ci sto. Certo, mi auguro che non capitino più risse, quel che è successo mi dispiace». Il clima tuttavia era stato reso incandescente sul ddl comunità giovanili anche dal Pdl. Dal suo partito (e quello della Meloni) sono arrivate moltissime critiche e poche difese. «Non è vero. Il testo ha avuto un ampio dibattito in una riunione del gruppo, a cui peraltro non hanno partecipato quelli che poi hanno criticato in aula».  Ma in Aula non è intervenuto Cicchitto, il capogruppo... «Il capogruppo non deve intervenire sempre e poi ha seguito sin dall'inizio tutto l'iter del provvedimento. Comunque in aula hanno parlato la Santelli, che è vice, e Baldelli, che è il delegato d'aula. Il ddl è stato difeso dal partito, salvo qualche voce solitaria. Una legge importante per i giovani. E bene ha fatto il ministro Meloni, verificate le perplessità che permanevano sul testo, a condividere il rinvio in Commissione». Senta, ancora una volta finisce sotto accusa la cosidetta parentopoli della destra romana. È diventato un problema? «Non esiste alcuna parentopoli. Esistono persone che hanno cominciato a far politica da ragazzini, si sono dedicati in gran parte a quella, hanno acquisito dei meriti sul campo. Punto. Poi alcuni tra di loro si sono anche sposati. È vietato? No. È un male? No. Chi fa queste critiche abbia il coraggio di fare una legge in cui si vietano i matrimoni tra militanti politici. Mi piacerebbe che per una volta uomini e donne in politica venissero giudicati per quello che fanno e non per i loro affetti». Ha parlato con Fini? «No, attendo le decisioni dell'ufficio di presidenza serenamente».  

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