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"Viene prima l'articolo 15" Ecco l'ultima sfida del Pdl

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Gaetano Quagliariello

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«Fonderò un'associazione che si chiama "Viene prima l'articolo 15", perché sul tema delle intercettazioni è in gioco la dignità della persona». Gaetano Quagliariello interveniene a Roma sul palco del convegno «Più unito il Pdl, più forte l'Italia», e mette in chiaro una volta per tutte che per la maggioranza, la battaglia in corso sulle intercettazioni non si può ridurre a registrazioni telefoniche indisciplinate o verbali pubblicati anzitempo. È qualcosa di più. «Si tratta del confronto tra due idee contrapposte - prosegue il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl - da un lato c'è chi ritiene che lo Stato può tutto, può entrare nella vita di una persona e massacrarla senza confini, e dall'altro chi ritiene che - fatte salve le esigenze delle indagini e dell'informazione - vi sia qualcosa di inviolabile, che viene prima della legge, che sentiamo nel cuore». Per Quagliariello questo scontro riecheggia quello che si verificò durante il rapimento di Aldo Moro. Il senatore del Pdl vuole che i quadri e il popolo del suo partito che sono lì ad ascoltarlo, capiscano per cosa combattono realmente, e alza i toni: «Così come durante il caso Moro, contro la statolatria si alzò la voce di Leonardo Sciascia, così oggi contro gli articoli di Saviano sulle intercettazioni si deve alzare la voce del Pdl». Da qui, l'idea della fondazione «perché non è un caso che i nostri costituenti abbiano voluto che il diritto alla riservatezza (articolo 15, appunto), venisse ancora prima del diritto alla libera espressione del pensiero (articolo 21) e delle norme sull'ordinamento giudiziario (articolo 101)». Valori, identità, tradizione. Di questo si discute. A chi pensava che il convegno, organizzato dalle fondazioni degli «ex colonnelli» di An, fosse un nuovo - forse l'ultimo - baluardo innalzato contro Fini e i suoi, rispondono i diretti interessati. «Non siamo riuniti contro nulla e contro nessuno. Non è un convegno per dividere», assicurano Maurizio Gasparri e Altero Matteoli. «Non abbiamo bisogno di contarci - aggiunge il presidente dei senatori del Pdl - vogliamo che il nostro partito conti di più, e conterà di più se sarà unito. Certo - ammette - è un'iniziativa in continuità con il documento dei 75 ex An in cui si è scandita l'irreversibilità del Pdl, ma siamo qui per ribadire la nostra profonda convinzione in questo progetto politico». Assistendo agli interventi appare chiaro che Gianfranco Fini è il «convitato di pietra». Tutti pensano a lui, ma nessuno - o quasi - osa nominarlo. Ciò che emerge nettamente, invece, è la distanza sui temi che caratterizzano il dissenso Fini-Pdl. Come, ad esempio, sull'immigrazione, argomento su cui Gianni Alemanno piazza una stoccata contro il presidente della Camera ribadendo il «no a qualsiasi proposta di cittadinanza breve». Il sindaco di Roma, affronta anche il tema della leadership: «Basta caricare sulle spalle di Berlusconi il compito della sintesi in questo partito, un gruppo più forte non indebolirà la sua guida, ma la rafforzerà». E anche per questo chiede che si volgano al più presto i congressi («servono per superare la logica delle quote e delle provenienze»). Per Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl «bisogna misurarsi col dissenso che c'è nel partito e che nessuno poteva prevedere. Bisogna confrontarsi negli organi adatti su tutti i temi, ma chi va in minoranza poi nelle Istituzioni deve rispettare le indicazioni della maggioranza». Il ministro Sandro Bondi, uno dei coordinatori del partito, ritiene che all'interno del Pdl si confrontino due posizioni culturali: «La prima è quella che fonda la libertà sulla responsabilità. Questa concezione si sviluppa sulla base di un forte sentimento di identità, di legame con la tradizione, con la nostra storia. L'altra si fonda su una concezione di libertà che si riassume nell'ampliamento indefinito dei diritti di libertà e che pone al centro un individuo che ha solo diritto e non più doveri». Ignazio La Russa coordina gli interventi sul palco. Tra i presenti sono baci, abbracci, sorrisi. Quando tocca a lui è ora di pranzo e «molte cose sono già state dette». Un punto, però, ci tiene a chiarirlo: «Alleanza nazionale ci aveva messo insieme, ma mai con così tanta coesione. Oggi io, Maurizio, Altero, Gianni, la Meloni abbiamo responsabilità importanti. Sono contento di essere un uomo di destra perché nel Pdl le nostre idee hanno la più grande chance di realizzarsi». Poi fa sua e dei suoi «amici» una frase che Giorgio Almirante disse nel 1972: «Noi ci siamo uniti. Italiani unitevi a noi».

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