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Napolitano boccia Tonino

Giorgio Napolitano e Antonio DI Pietro

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L'aula di Palazzo Madama aveva appena dato il via libera al maxiemendamento sul disegno di legge sulle intercettazioni e immediatamente si è creato un duro botta e risposta tra Antonio Di Pietro e il presidente della Repubblica. La strategia di Tonino dei Valori è sempre quella: non appena il Parlamento democraticamente vota una legge che per qualsiasi motivo non gli piace, lui lancia l'appello a Napolitano affinché si rifiuti di controfirmarla. E così è successo anche ieri quando il leader dell'Idv è tornato a fare il rivoluzionario e mentre i suoi colleghi di partito stavano calpestando la democrazia occupando l'aula del Senato, lui si permetteva di dettare la linea al Colle. Un tranello nel quale Napolitano non solo non è caduto ma ha anche, prontamente, rispedito al mittente: «I professionisti della richiesta al Presidente della Repubblica di non firmare spesso parlano a vanvera. Per il resto non ho nulla da aggiungere». Un vero e proprio affronto per Di Pietro, che non ha perso l'occasione per replicare: «Noi dell'Italia dei Valori non abbiamo né intenzione né soprattutto tempo per polemizzare con il Capo dello Stato». Un botta e risposta che comunque non è riuscito a modificare quello che stava accadendo all'interno del Senato dove, grazie ai 164 voti favorevoli di Pdl e Lega, il governo ha incassato la trentaquattresima fiducia. Una fiducia fortemente ostacolata dalle opposizioni che, anche in questo frangente, si sono spaccate. Infatti, se i senatori dell'Idv, del gruppo dell'Udc-Svp-Autonomie, dell'Api e dai Radicali, hanno bocciato il testo, il Pd ha optato per l'abbandono l'aula non partecipando, così, al voto di fiducia. «Abbiamo rispetto per quest'aula. Vogliamo che risulti con evidenza che da qui inizia il massacro della libertà» è il duro attacco di Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, nel corso del suo intervento. E proprio mentre i Democratici sfilavano davanti ai banchi della maggioranza prima di abbandonare l'emiciclo è arrivata, secca, la risposta del capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri: «Il Parlamento si rispetta con il voto e con il dibattito. Siamo orgogliosi di avere fatto un confronto perché il Pdl si confronta e applica al suo interno la democrazia che voi oggi ignorate e calpestate». Un duro scontro tra maggioranza e opposizione che aveva dato le prime avvisaglie fin dall'apertura dei lavori nell'emiciclo di Palazzo Madama quando i senatori dell'Italia dei Valori, dopo aver occupato per l'intera notte l'aula, avevano deciso di accomodarsi impropriamente sugli scranni riservati ai componenti del governo. Un gesto che, dopo tre richiami all'ordine da parte del presidente Schifani, è costato ai parlamentari dipietristi l'espulsione dall'aula per tutto il periodo delle dichiarazioni di voto. Alla fine, comunque, nonostante tensioni, polemiche e proteste, il provvedimento, che contiene le nuove norme che limitano l'utilizzo delle intercettazioni e i divieti sulla pubblicazione delle conversazioni telefoniche raccolte nel corso delle indagini, è pronto per passare all'esame della Camera per una nuova lettura e un voto che potrebbe essere quello definitivo. E se da un lato Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini sembrano aver raggiunto un'intesa che dovrebbe blindare il provvedimento e metterlo al riparo da ulteriori sorprese, dall'altro qualche finiano, come il deputato Fabio Granata, la pensa diversamente e propone di modificare il testo per quanto riguarda le intercettazioni ambientali per i reati "spia" di attività mafiose. Lo scoglio più difficile da superare sarà però il muro che l'opposizione ha già annunciato di voler costruire. E così se, Donatella Ferranti, capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera ha minacciato che il partito userà tutti gli strumenti che il regolamento mette a disposizione per fare dura opposizione, il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, torna a riproporre uno spettacolo già visto: «Dopo aver occupato il Senato, l'Idv occuperà anche la Camera per tentare di bloccare un provvedimento antidemocratico, di regime fascista e piduista nel nostro Paese». Anche il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, è voluto intervenire commentando il voto sul disegno di legge: «Le intercettazioni rappresentano uno strumento che sarà possibile usare in termini tali da evitare l'abuso. Si tratta di uno strumento da utilizzare ma di cui non abusare, poiché l'abuso delle intercettazioni confligge e contrasta con l'inviolabile diritto alla riservatezza dei nostri concittadini». Dichiarazioni che non avranno trovato d'accordo né l'Associazione nazionale magistrati, né la stampa in generale. I magistrati infatti, per voce del loro presidente Luca Palamara, ha protestato sostenendo che, con il ddl, si «mette in ginocchio l'attività dei pm e delle forze di Polizia impegnate nelle indagini», mentre la Federazione nazionale della stampa, dopo un presidio a piazza Navona, ha dato l'annuncio del black out dell'informazione il 9 luglio. Uno sciopero che dovrebbe coincidere con la giornata finale di discussione alla Camera del disegno di legge.  

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