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Caro Montecitorio ti scrivo C'è chi vuole il porno in tv per legge

Montecitorio, la Camera dei deputati

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C'è chi chiede di «vietare l'uso di parole straniere nelle scritture pubbliche» e chi desidera norme «a tutela della corretta denominazione della marmellata». Chi vorrebbe un impegno a sostegno di vegeteriani e vegani e chi, più banalmente, si accontenterebbe di non pagare il canone Rai. Benvenuti nel fantastico mondo delle petizioni. Un mondo poco conosciuto ma che, però, offre un interessante spaccato di quello che gli italiani, o meglio una parte di essi, considerano prioritario per il Paese. L'articolo 50 della Costituzione, infatti, stabilisce che «tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità». Non esiste un numero minimo di firme da raccogliere. Una, dieci, mille, non fa differenza. E così le istituzioni si trasformano in una sorta di posta del cuore. Avete un problema, un'idea, una richiesta? Scrivete a Montecitorio. Dall'inizio della legislatura sono 965 le petizioni arrivate alla Camera dei deputati. Alcune sono inviate e poi reinviate a distanza di mesi. Per certi firmatari è quasi un secondo lavoro e, in due anni, sono stati in grado di presentarne un numero impressionante. Ognuna è riassunta in poche righe: il nome di chi l'ha proposta, la città di provenienza e la sua richiesta. La procedura è semplice. Si legge il sunto in Assemblea e poi si affida la segnalazione alla commissione competente che la può esaminare autonomamente o insieme a progetti di legge sulla medesima materia.   E così non stupisce che Salvatore Bonelli da Licata (Agrigento) chieda «una riforma della legge elettorale con l'introduzione, tra l'altro, del voto di preferenza», o che Antonio Padalino da Belluria Igea Marina (Rimini) voglia «misure per abbattere i costi della politica e i privilegi riconosciuti alla classe politica», o ancora Matteo La Cara da Vercelli punti su «una riforma dello Stato in senso presidenziale». In fondo si tratta di argomenti che fanno già parte del dibattito politico. Così come la riforma del fisco, quella della giustizia, le pensioni, la reintroduzione o l'abolizione dell'immunità parlamentare, la sicurezza delle città e le ronde, la lotta all'immigrazione clandestina, le intercettazioni telefoniche, la cancellazione dell'Iva e dell'Irap, la trasparenza nella spese di deputati e senatori, l'abolizione delle province, la tutela del valori cristiani e del crocifisso, la legalizzazione dell'eutanasia, la ricostruzione in Abruzzo. Qualcuno, come Francesco Di Pasquale da Cancello ed Arnone (Caserta), aveva addirittura chiesto «il rinvio delle prossime elezioni regionali, in considerazione dei gravi scandali e della crisi economica in atto». Gli è andata male ma, anche se probabilmente non è così, è bello pensare che queste petizioni abbiano un peso sulle scelte e sulle mosse della politica. In ogni caso si sa, gli italiani sono un popolo di poeti, e così la creatività è protagonista assoluta. Giovanni Bello da Ferrara, ad esempio, spazia senza problema dalla richiesta di «norme per consentire la trasmissione televisiva di film e programmi pornografici nelle ore notturne», all'«interruzione delle relazioni diplomatiche con la Repubblica di San Marino» con successive «iniziative per promuoverne la riunificazione con l'Italia». Cui poi aggiunge, giusto per non farsi mancare niente, la richiesta di «fuoriuscita dell'Italia dalla Nato, dalla Ue e dall'Onu» e il «divieto di esporre negli edifici pubblici la bandiera Ue e qualsiasi altro vessillo accanto alla bandiera italiana». Meglio di lui fa sicuramente chi, come Di Pasquale, chiede «l'istituzione della giornata del dovere» o chi, come Salvatore Acanfora da Roma, dopo aver lanciato «la celebrazione della storia del Psi e della figura di Bettino Craxi», invita il Parlamento ad intervenire per favorire «il rientro in Italia delle salme di tutti i componenti della famiglia Savoia». E se Roberto Di Gaetano da Nodica (Pa) vuole «limitare l'uso da parte dei minorenni di telefoni cellulari idonei alla registrazione e riproduzione di immagini», Salvatore Germinara da Pistoia sogna «un giornale quotidiano pubblico, interamente finanziato dallo Stato». Mentre Giuseppe Catanzaro da Tricesimo (Udine) chiede «iniziative volte ad appurare la verità storica di fatti e circostanze concernenti l'esito del referendum istituzionale del 1946». Ma c'è anche chi, come Paolo Eugenio Vigo da Genova, si preoccupa di ottenere «norme in materia di fabbricazione degli orologi, al fine di consentire la contestuale visualizzazione dell'ora solare e legale». Insomma, la fantasia non latita. Come nel caso di Fabio Ratto Trabucco (Chiavari), che passa dalla «regolamentazione del naturismo» agli «assegni vitalizi agli ex pugili», senza dimenticare «l'istituzione di una lotteria abbinata alla rassegna "Benevento-città spettacolo"».   I veri artisti della petizione, però, sono sicuramente Matteo La Cara e Moreno Sgarallino da Terracina. Quest'ultimo dopo aver chiesto norme per «garantire che il divieto di fumo sia rispettato anche nelle trasmissioni televisive», pensa di premiare «i vincitori di competizioni sportive con medaglie raffiguranti l'aria, l'acqua e il legno». Mentre La Cara si distingue per: la reintroduzione della pena di morte, l'esenzione dall'abbonamento Rai per i nati nel 1954, anno di inizio delle trasmissioni televisive, la commissione d'inchiesta sullo scioglimento della Dc e, dulcis in fundo, la possibilità che «in caso di dimissioni o decesso del presidente del Consiglio dei ministri, le sue funzioni siano assunte temporaneamente dal presidente della Camera». Siamo sicuri che Matteo La Cara non sia uno pseudonimo di Gianfranco Fini?

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