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Bindi verso la presidenza Pd

Rosy Bindi

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Sì a fare la presidente del partito, no a candidarsi a presidente della Regione Lazio. Rosy Bindi, intervistata ieri pomeriggio da Lucia Annunziata nel programma su Raitre «In mezz'ora», tratteggia così il suo futuro politico, aprendo una porta e chiudendone un'altra. Sulla sua «coabitazione» al vertice del Pd con Pierluigi Bersani nessuno nel partito sembra essere contrario perché quell'incarico avrebbe una funzione di riequilibrio verso l'area più moderata e di centro dei Democratici e perché affidarlo a una donna metterebbe a tacere molti malumori nel mondo femminile del Pd che si sente poco rappresentato. Inoltre Rosy Bindi con molta probabilità dovrebbe dimettersi da vicepresidente della Camera e lasciare così una casella libera per il riassetto degli incarichi interni chiesto da Bersani. Lei, a precisa domanda di Lucia Annunziata non si tira indietro. Anche se, scaramanticamente, mantiene una certa prudenza. «Io presidente? Non dipende da me, ma se dovessi esser candidata non mi tiro indietro. A una settimana dall'assemblea dei delegati c'è la massima incertezza e non so quali siano le mie chanches». Ma c'è un altro obiettivo che la deputata del Pd ha in mente e di cui la nomina a presidente del partito sarebbe il primo passo: candidarsi, alle prossime elezioni politiche, a sfidare il centrodestra per la poltrona di palazzo Chigi. L'idea, racconta chi la conosce, le piace assai. E gli apprezzamenti avuti a proposito del battibecco in tv con Berlusconi con tanto di magliette in sua difesa, unito al fatto di poter puntare alla presidenza del Pd l'avrebbe convinta di essere in grado anche di poter tentare l'ascesa che fino a oggi è stata negata al mondo femminile. Un'ambizione che, per il momento, all'interno del Pd suscita molti sorrisi (ironici) ma nessun commento. Anche perché lo statuto del Pd prevede che il candidato premier sia il segretario. Per ora la Bindi si limita compiti più facili in vista della sua elezione ai vertici del partito. Prima di tutto attacca Rutelli e lo «avvisa»: «Non si illuda, non gli lasceremo rappresentare i moderati, i ceti produttivi e il mondo cattolico». La deputata spiega di essere «un po' arrabbiata» verso l'ex leader della Margherita e se la prende soprattutto sulla definizione che ha dato dei cattolici che sono nel Pd. «Definire come indipendenti di centrosinistra persone come la sottoscritta ed Enrico Letta che alle primarie ci hanno messo anche la faccia in passato, persone come Follini, Marini e tutti i popolari che gli hanno consentito di fare un grande partito come la Margherita non è giusto: non siamo indipendenti di centrosinistra». «Rutelli — conclude — è stato un protagonista del Pd, e questa sua dipartita denuncia il suo fallimento, i suoi errori». Ma nel colloquio con Lucia Annunziata non poteva mancare un attacco a Berlusconi. Rosy Bindi parte dallo scandalo del Governatore del Lazio per arrivare al premier: «Sul piano politico Marrazzo si è dimesso e non ha insultato la classe politica italiana. La differenza è che Marrazzo non c'è più e l'altro è presidente del Consiglio». «La questione morale — prosegue — va posta all'ordine del giorno perché è una questione politica e non tanto giudiziaria anche se ci sono comportamenti diversi tra la destra e la sinistra di fronte alla magistratura. Loiero infatti ha detto che se avesse un avviso di garanzia si dimetterebbe subito, mentre Silvio Berlusconi ha detto che se dovesse essere condannato non si dimetterebbe e a questo proposito mi chiedo perché abbiamo perso tanto tempo con il lodo Alfano». «Comunque — ha concluso — senza moralismi e senza giustizialismi la questione morale è un fatto politico su cui occorre discutere. Lo si faccia intanto nel Pd, se si vuole anche a porte chiuse ma è un tema da affrontare». Infine su chi sarà il candidato del Pd nel Lazio dopo le dimissioni del governatore la Bindi ha smentito una sua candidatura: «Sarà un laziale o una laziale».

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