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Sky sbuca nel digitale terrestre

Il magnate dei media e di Sky Rudolph Murdoch

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Adesso è chiaro: per combattere la guerra della tv non servirà più la contraerea. Sky medita l'invasione del digitale terrestre, sfruttando il cavallo di Troia di uno dei canali di proprietà di Carlo De Benedetti. Lo sbarco dovrebbe avvenire in tempo per i mondiali di calcio, piatto forte di un'offerta a pagamento del network diretto da James Murdoch, figlio del magnate Rupert. L'alleanza mediatica con l'editore de "L'Espresso-Repubblica" è imprescindibile, almeno per il momento: dopo la fusione di Stream e Telepiù, l'Unione Europea ha emanato una direttiva che fino al 31 dicembre 2011 impedisce alla NewsCorp di Murdoch di entrare nel digitale italiano. L'escamotage è di affittare uno o entrambi dei multiplex di De Benedetti (quelli su cui è distribuita "Rete A") sul DDT. La trattativa sarebbe ormai ai dettagli finali, e per la sua conclusione non sarebbero stati ininfluenti i buoni uffici di Mediobanca, attraverso il produttore franco-tunisino Tarak Ben Ammar. Il bouquet di Sky si chiama "Cielo": è questo è davvero un messaggio men che criptato alla concorrenza Rai-Mediaset (e dichiaratamente contro Berlusconi), nella delicata fase di transizione dal vecchio sistema analogico a quello digitale. Nel Lazio (tranne che per una parte della provincia di Viterbo) lo switch-off completo dei canali avverrà, per esempio, il 16 novembre. In questo passaggio epocale, gli imprenditori televisivi cercano dapprima di invadere il terreno dell'avversario, e poi di individuare il sistema di trasmissione che nel lungo-medio periodo si rivelerà vincente sul piano industriale. Rai Sat (di cui ieri il Cda di Viale Mazzini ha approvato la proposta di "internalizzazione") è uscita l'estate corsa dalla piattaforma Sky, rinunciando a un contratto di 50 milioni l'anno, più altri 20 di introti pubblicitari. A fronte di un buco di bilancio Rai per la fine del 2009 di 150 milioni di euro, c'è chi ha letto come una beffa la cosidetta "rivoluzione d'ottobre" di Murdoch. Giorni fa i vertici di Sky hanno infatti lanciato l'offerta di una "chiavetta" in grado di ricevere - sul nuovo decoder satellitare in alta definizione - i canali in chiaro del digitale terrestre, compresi dunque quelli di Rai, Mediaset e La7. Il direttore generale della tv pubblica Masi ha replicato definendo la "digital key" come nulla più che un'astuta campagna promozionale riservata a «pochi abbonati» di Sky: quelli che vedono i programmi su un televisore HD, e che sono tra il 10 e il 25 per cento del totale. Per dicembre, poi, Murdoch ha annunciato un raddoppio del pacchetto di canali a disposizione.   Un attacco frontale, proprio mentre la Rai affronta il varo della piattaforma satellitare Tivù Sat con Mediaset e Telecom. Un caos? Quasi. Inseguirsi in orbita rischia di essere una strategia frustrante, anche se nell'immediato garantirebbe la copertura nelle zone del Paese non raggiunte dalla vecchia cara antenna, buona per l'analogico e necessaria per il digitale terrestre. La vera battaglia sarà, piuttosto, quella che nei prossimi anni deciderà la supremazia televisiva sfruttando la banda larga di Internet. Tutto si giocherà attorno ai cavi telefonici dove oggi possono essere veicolate quantità inimmaginabili di informazioni e immagini. Sky, per dire, ha da tempo stretto accordi con le società telefoniche per far vedere la tv attraverso il web: ma è roba ancora per iniziati. Tuttavia, (naturalmente a fronte di investimenti colossali) nel giro di un quinquennio il digitale potrebbe rivelarsi obsoleto, il satellite abbandonato alla deriva nello spazio e la diatriba sul decoder unico una lite da preistoria.   Berlusconi e la Rai, per muovere contro l'asse De Benedetti-Murdoch, hanno bisogno di concentrarsi su Telecom Italia, che detiene il controllo della piattaforma Iptv-Internet, scenario della prossima offensiva. Si moltiplicano le voci che vorrebbero l'onnipresente Ben Ammar (in buoni rapporti con il premier) pronto a rilevare La7. Altre indiscrezioni vorrebbero Confalonieri deciso a scalzare Bernabè dalla guida di Telecom per tentarne la sostituzione con Stefano Parisi, manager forte di una lunga esperienza al Ministero delle Comunicazioni. Tra chiavette, fili e antenne, il conflitto sulla tv sta per entrare nella fase cruciale.  

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