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I fidanzatini respirano: meno male

La polizia nel parco della Caffarella, sul luogo dove è stata stuprata la 15enne romana

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E la fine di un incubo è stata anche per i residente della Caffarella. «Li hanno arrestati? speriamo siano quelli giusti». Stupore, incredulità, la notizia dell'arresto di altri due romeni, dopo il fermo di Racz faccia da pugile e del biondino, che con lo stupro della Caffarella non c'entrano, si sparge col tam tam dei giornalisti che alle cinque e mezzo del pomeriggio arrivano nel parco della violenza a tastare gli umori dei residenti. Fa freddo, sembra tornato l'inverno e nell'immensa radura verde tra via Appia Antica e via Latina, la valle sacra dell'antica Roma teatro dello stupro di San Valentino, ci sono solo i romani che portano a spasso il cane. Non sanno ancora che i feroci esecutori dello stupro «bestiale e disgustoso», come l'ha definito ieri il gip Guglielmo Muntoni che ha firmato la custodia cautelare in carcere, sono finiti dietro le sbarre. «Davvero? Dio sia lodato, ma saranno proprio loro?» si chiede Alessia Lopardo, 25 anni, maestra d'infanzia, che ha appena sciolto il beagle Lucky, che si lancia in una corsa nella valletta dedicata agli animali, a pochi metri dalla panchina dove il pomeriggio di San Valentino chiacchieravano guardandosi negli occhi i fidanzatini, depredati di cellulari e portafogli, poi trascinati sulla collinetta dove si è consumata la violenza sulla quattordicenne, praticamente una bambina. «Speriamo che sia vero» commentano Franca Scorcelletti, 52 anni, e il marito Giorgio Portolano, 55, in mezzo il cane lupo Jack, perplessi dopo un sorriso che vale più di cento parole abbozzato nell'apprendere la notizia del fermo. «Saranno quelli giusti?» si chiedono anche Gwendoline Pagnacco, 34 anni e il marito Fabrizio che passeggiano con Kenny. «Se sono loro sono molto contenta» si fa capire in un italiano stentato Eleonora Shehum, albanese, che lavora nel quartiere come badante. «È vai!» commentano cinque ragazzini, tra i 13 e i 15 anni: Riccardo, studente dell'alberghiero e gli amici Giada, Ilaria, Silvia e Patrick che giocano a volley nel campo dell'oratorio di San Giuda Taddeo. E persino lo scampanio che annuncia la messa delle sei sembra un inno alla gioia per la fine di un incubo: che quei due bastardi potessero averla fatta franca. Ma nel parco della Caffarella i cinque amici non ci sono tornati più. Anche se, con i controlli seguiti all'aggressione, pattuglie a piedi e a cavallo ogni giorno, «la Caffarella è diventata il parco più sicuro» dice Alessio Calfapietra. La paura, però, resta fra i giovanissimi, le vittime delle rapine seriali culminate nello stupro del 14 febbraio. «Ce ne sono state una raffica, avevamo fatto delle petizioni» dicono ancora Franca e Giorgio Portolano che ricordano il copione: «minorenni minacciati coi colli di bottiglie rotte e depredati di cellulari, ma anche di giubbotti e persino di scarpe», proprio come avevano fatto il giorno precedente e quello seguente allo stupro i due romeni arrestati ieri, che somigliano a Racz faccia da pugile e al biondino. «Ecco spiegato il perché i fidanzatini li avevano riconosciuti» dice Giovanna Del Frate, impiegata in pensione, che ricorda quanto fosse rimasta stupita del fatto che il dna li avesse scagionati. «La somiglianza li ha tratti in inganno. Eppure - continua la donna - anche noi che frequentiamo il parco avevamo riconosciuto quello scuro, Racz faccia da pugile, si vede che invece in giro c'era quell'altro che gli somiglia». «Adesso speriamo che restino dentro un bel pezzo» si augura Roberto Silvestri, 49 anni, impiegato, che vorrebbe anche che il parco fosse dotato di lampioni. Ma di facce brutte in giro non se ne vedono più. «Anche se io che porto il cane fuori alle 5 e mezzo del mattino vedo ancora qualche disperato che esce dal parco dopo aver trascorso la notte in uno dei mille nascondigli» torna a parlare Portolano. Fuori dal parco, a largo Tacchi Venturi, una volante del commissariato Appio. Poco dopo a via Crivellucci 6, il «Simon Bar», dove i ragazzi trovarono soccorso dopo l'aggressione. «Sono felice» commenta la contitolare, Sandra Bruni, 24 anni, la prima faccia amica dopo lo stupro, che con un gesto materno mise il suo impermeabile sulle spalle nude e insanguinate della ragazza quella terribile sera.

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