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Pd in crisi: "Aridatece Prodi"

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E lì, Romano ha stabilito ormai il suo buen retiro, si rifugia lontano dai frastuoni quotidiani. E lì, proprio un mese fa, il Professore è andato a presenziare alla cerimonia con la quale il Comune gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Lui non se l'aspettava, non si aspettava il calore della gente, gli applausi. E s'è commosso. Non credeva, anche giocando in casa, di avere ancora tanta popolarità. Pensava che in fin dei conti era finito nel dimenticatoio. E così non è stato. Poi è toccato a Rita Levi Montalcini, il premio Nobel e senatrice a vita, che in un'intervista a Radio 3 Scienza il due gennaio, ha confessato che nei confronti dell'ex presidente del Consiglio nutre ancora «enorme stima e affetto e ammirazione». Quindi s'è lasciata scappare: «Spero che in un modo o nell'altro riprenda la sua attività politica». Insomma, torni in politica. E così, s'è rotto il tabù. Lasciando Palazzo Chigi, Prodi aveva detto chiaro e tondo che con la politica nazionale aveva chiuso. E in piena estate ha rifiutato anche la carica di presidente del Pd. Arrivederci e grazie. Anzi, addio e manco grazie. Tanti saluti e baci. Subito dopo il Pd ha cominciato a colare a picco. Una sconfitta dopo l'altra. Ma lui s'è concesso uscite pubbliche con il contagocce. Una a luglio a Pesaro in piazza a parlare di Europa. A settembre a Scandiano. Ha rotto l'argine a dicembre, quando nel pieno della battaglia che Veltroni stava conducendo contro l'aumento dell'Iva per gli abbonamenti Sky, il Professore è intervenuto per la prima volta dal voto in una polemica politica sconfessando il leader del Pd: «Era ovvio che il governo dicesse sì all'allineamento delle aliquote». E ha quasi rivendicato di aver proposto egli stesso quel rincaro quando era al timone di Palazzo Chigi, zittendo Veltroni e soci e dando ragione a Berlusconi. Subito dopo è andato a votare alle primarie della sua città per la scelta del candidato sindaco del dopo Cofferati. Infine, Soru. Il governatore della Sardegna ha detto candidamente venerdì scorso all'Espresso: «Se vinciamo il centrosinistra ha una ragione in più per considerare che la sconfitta non è per sempre. E che si può tornare a vincere e battere Berlusconi, come ha fatto Prodi per due volte». Ha così resuscitato l'antiberlusconismo, ha chiamato il Cavaliere a combattere la guerra sull'Isola in vista delle prossime regionali di metà febbraio, ha rianimato l'Ulivo. O quanto meno si è rifatto esplicitamente allo spirito con cui nacque quel soggetto. Piccoli tasselli che vanno a posto. Piccoli tasselli ma sempre più chiari. Che Prodi possa tornare a guidare il centrosinistra è escluso. Al momento, visto che la politica può riservare colpi di scena imprevedibili. Ma che cerchi una riabilitazione da parte dello stesso centrosinistra, questo sì, è altamente probabile. Perché all'interno del Pd Prodi era diventato non più di otto mesi fa il simbolo del Male, di quello che non bisogna fare, l'emblema degli errori da non ripetere. Oggi, a quasi un anno dalla caduta del governo, resta comunque l'unico che per due volte s'è candidato e due volte ha vinto. L'unico che per due volte ha battuto Berlusconi. E per quanti sbagli abbia commesso, sono bazzecole a confronto degli scivoloni veltroniani che sono andati oltre finanche la fantasia più lugubre. Insomma, a sinistra riaffiora un sogno proibito: aridatece er Professore.

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