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«Scusa, amica mia, dobbiamo trovare un gatto siamese. È per ...

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Almeno sino a qualche settimana fa. Fuori piove a dirotto. Il cielo è grigio, quasi nero. Qualcosa di molto simile all'umore di Clemente Mastella, già ministro della Giustizia, già leader dell'Udeur, probabilmente fuori dalle liste elettorali del 13 e 14 aprile. Lui è sul divano di fronte e tormenta i due telefonini neri marca Motorola che squillano in continuazione. Chiamano da tutta Italia, ma soprattutto dal Sud. Chi per salutare, chi per dire «non mollare, sono con te». Chiamano in tanti, ma lui, il Re di Ceppaloni, dal democristianissimo e raffinato fiuto politico, capisce che quelle telefonate non bastano. Fanno piacere, certo. Ma non bastano a riprendere il filo di un'avventura politica che ora non può che registrare uno stop. Mastella lo sa, lo sente, lo annusa. Conosce la durezza e la cattiveria della politica: ci sta dentro da quando aveva i pantaloni corti. Oggi però è il giorno dell'amarezza, mista a due sentimenti: voglia di ricominciare e bisogno di staccare la spina. C'è complicità in casa Mastella. Lo senti nelle parole dei figli, lo vedi negli sguardi di Sandra. È una famiglia forte e unita, dove c'è dibattito e tutti hanno voce in capitolo. Chi non ricorda il figlio Elio scagliarsi in tv contro l'inviato delle Iene che voleva portare le arance alla madre agli arresti domiciliari? Ma nessuno sa quanto ha sofferto dopo quella scena sotto i riflettori. Mentre mangia farfalle al ragu e una fettina di carne con verdure Mastella ragiona a voce alta, muovendosi impaziente sulla sedia. Non gli va giù quello che è successo, soprattutto oggi. Si perchè oggi è il giorno della sua prima rivincita dopo mesi di polemiche durissime. Oggi è il giorno dell'archiviazione voluta dalla Procura della Repubblica di Roma sull'inchiesta Why Not: quella di De Magistris, quella di Beppe Grillo e delle puntate di Anno Zero che Mastella ha vissuto come un plotone d'esecuzione in prime time. Ecco allora farsi spazio tanti interrogativi. Sui tempi, ad esempio. Avrebbe cambiato il corso della cose la medesima notizia diffusa una settimana fa? Un'altra tempistica avrebbe convinto il Cavaliere a volerlo in lista, lui che da 14 anni tuona contro le inchieste di certa magistratura? Questo ed altro si domanda Mastella, ad esempio vedendo tranquillamente candidato Lamberto Dini. Si chiede cosa è scattato in Berlusconi per indurlo ad interrompere le comunicazioni dopo aver raggiunto un accordo, che a metà febbraio era cosa sicura. Si chiede cosa poteva fare di diverso lui, per dieci anni abile danzatore sul filo del centro, inafferrabile ma decisivo luogo della politica italiana. Prima con Berlusconi, poi contro di lui. Infine decisivo per far cadere il governo Prodi, aprendo così la strada alle elezioni anticipate che con ogni probabilità riporteranno il Cavaliere a Palazzo Chigi. Mastella sa che oggi non c'è spazio per candidarsi, anche se Luigi Crespi gli dice che in giro c'è anche simpatia verso di lui. Ammette anche di aver sbagliato ad accettare il ministero della Giustizia. Ma non accetta di finire nel tritacarne senza colpa, almeno a suo dire. Mostra con sgomento le pile di documenti dell'inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere. Saranno almeno un paio di metri di carta, divisi nei due studi gemelli che fanno ala al salotto: uno suo e l'altro di Sandra. Racconta delle 50.000 telefonate registrate e trascritte. E indica i verbali, in qualche punto chiosati degli operatori, che commentano ed intepretano le conversazioni. Poi parla con Titta Madia, il suo legale: gli chiede di fare una dichiarazione forte sulla decisione della Procura. È un leone in gabbia. Tale è, tale si sente. Sandra lo guarda e sorride. Gli dice che le cose si aggiusteranno, che questo è il tempo della riflessione. Gli propone un lungo viaggo estivo in America, ricordandogli che sarebbe ora d'imparare l'inglese. Poi torna ad occuparsi del gatto siamese da trovare. In fondo, a Ceppaloni, qualcuno che ha bisogno dei Mastella c'è sempre. E l'anno prossimo ci sono le Europee.

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