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Sul patto di desistenza la Cosa Rossa desiste

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E la proposta, a un giorno dall'incontro fra i leader della Sinistra Arcobaleno e il sindaco di Roma, viene rispedita al mittente. A sintetizzare con la consueta ironia come è stata accolta l'iniziativa di Anna Finocchiaro è Fabio Mussi: «Mi pare una bella idea, il Pd decide di andare da solo alle elezioni e ci chiede di non presentarci...Certo, se noi non ci presentiamo, il Pd prende più voti. Se poi non si presenta nessuna lista, può prenderli tutti...». Insomma, la replica è unanime. E negativa. Anche se il vertice di oggi resta l'ultima possibilità di trovare un'intesa, gli spiragli sono sempre più stretti. «Noi presenteremo un programma che ha dei punti precisi, come il lavoro precario, i salari, l'innovazione e la questione morale. Su questo ci confronteremo - spiega ancora il leader della Sinistra democratica - Io sono per andare a vedere le carte. Ho letto le dichiarazioni di Bertinotti, che non si aspetta sorprese. È stato realistico ma, come si dice in questi casi, sii realista, chiedi l'impossibile». Del medesimo tenore le valutazioni del presidente dei senatori di Rifondazione: «Credo che non ci sia alcuna possibilità di accettare la proposta della Finocchiaro - afferma Giovanni Russo Spena - Significherebbe la cancellazione in alcune regioni della Sinistra Arcobaleno. Noi abbiamo chiesto un patto tecnico fra due liste diverse, anche non pre-elettorale ma con una base programmatica da applicare dopo il voto. Ma non possiamo inquinare la nostra identità perché gli elettori non capirebbero. Quindi - conclude Russo Spena - mi pare difficile che nel vertice di domani si raggiunga un accordo». Una valutazione condivisa pienamente anche dai Comunisti italiani. «Desistenza significa cancellarsi dalla lista elettorale - rimarca il capogruppo alla Camera del Pdci Pino Sgobio - Noi, invece, come Veltroni, vogliamo un nuovo soggetto politico che unisca la sinistra. E poi la desistenza si può fare per vincere, questo sarebbe un accordo per perdere. Servirebbe solo a prendere qualche senatore in più». I Verdi, infine, insistono su un'alleanza politica e programmatica. «Se non ci sono le condizioni ne prenderemo atto e lavoreremo per l'autonomia della Sinistra Arcobaleno - osserva Paolo Cento - Al Senato valuteremo le possibilità di un'intesa tecnica, ma quella della desistenza mi sembra di difficile applicazione». Un accordo, però, all'interno della Cosa Rossa è stato trovato. Ed è quello sul nome di Fausto Bertinotti sul simbolo. Non ci sarà. A chiederlo è stato Mussi. «Sono contrario alle derive presidenzialiste. È giusto valorizzare le personalità, ma i nomi sui simboli rappresentano una personalizzazione estrema», fa sapere il leader di Sd. E il diretto interessato replica dando ragione al ministro dell'Università: «Qualsiasi cognome su un simbolo elettorale - dice il presidente della Camera - sarebbe una sgrammaticatura presidenzialistica e personalistica per una forza di sinistra».

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