Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Fausto spacca la Cosa rossa, Walter gode

default_image

  • a
  • a
  • a

Poco interessato, in ogni caso annoiato, dalle beghe della politica politicante italiana. Era un bluff. Non solo il leader comunista è ben presente nel dibattito politico di casa nostra, ma non ha nessuna intenzione di mettersi da parte. Così, prima ha accarezzato l'idea che il Capo dello Stato affidasse a lui l'incarico di formare un governo di transizione, poi ha deciso di autocandidarsi alla guida della Cosa rosa. E ha scatenato l'inferno. Eppure era stato proprio lui, ospite domenica scorsa della trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa, a spiegare che non esiston «uomini per tutte le stagioni» e che «c'è un limite d'età per i segretari dei partiti». In verità il presidente non ha fatto dichiarazioni se non quelle di circostanza («non ci sono altre possibilità che quella di costituire un soggetto politico unico», «sarà guidato da un uomo e da una donna»), ma le indiscrezioni su un possibile ticket tra lui e la verde Grazia Francescato, hanno subito mandato su tutte le furie il ministro Fabio Mussi e Sinistra democratica. «Non si può fare la politica dei passi compiuti - ha intimato -. Un processo unitario complesso comporta che i passi, dal simbolo ai programmi fino alle candidature, siano concordati». Insomma, se Bertinotti pensa di fare il bello e il cattivo tempo, si sbaglia. Anche perché, è il pensiero di Mussi, non si può pensare di dar vita ad una cosa nuova con leader vecchi. Non è un segreto, infatti, che l'ex diessino avrebbe preferito la candidatura di Nichi Vendola. E per un po' sembrava anche che la cosa potesse andare in porto. A frenare la discesa in campo del governatore pugliese, però, ci hanno pensato le lotte intestine all'interno di Rifondazione. Appena è spuntato il suo nome, infatti, il partito si è ribellato. Al punto che Paolo Ferrero avrebbe fatto paventare l'ipotesi di una propria candidatura. Per questo, alla fine, Bertinotti è diventato quasi una soluzione obbligata. Soluzione che, però, se salvaguarda l'unità di Rifondazione, rischia di compromettere definitivamente l'unità della sinistra. Anche perché, forte di questa situazione caotica, Walter Veltroni ha cominciato una manovra di accerchiamento. Si andasse alle elezioni a giugno, il sindaco di Roma aveva pensato di stringere un accordo con la sinistra radicale, ma solo al Senato. Oggi, invece, sarebbe tentato dalla possibilità di recuperare Sd e Verdi isolando Rifondazione e Pdci. Nel loft di piazza Sant'Anastasia si parla già di «liste civetta» con una forte caratterizzazione identitaria (ambientalista, socialista ecc.) che possano accogliere coloro che non hanno la forza per tornare in Parlamento. Negli ultimi giorni il pressing su Mussi e compagni si è fatto più insistente. Con tutta probabilità il sindaco incontrerà Sinistra Democratica nelle prossime settimane per cercare di trovare un accordo. Ma gli ex diessini hanno già dettato le proprie condizioni. «O Walter impone una svolta morale al Pd - spiegano - o non c'è margine di discussione». Nel mirino di Sd ci sarebbero soprattutto i governatori Antonio Bassolino e Agazio Loiero, esponenti politici che Veltroni non ha mai sconfessato pubblicamente nonostante le vicende che li hanno visti, direttamente o indirettamente, protagonisti. Insomma le trattative proseguono anche se in molti fanno notare che, «fino a quando non si sa con che legge elettorale votare, ogni discussione rischia di essere sterile».

Dai blog