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Napolitano: basta con le fughe di notizie

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L'uso di quei verbali, comunque, è stato condannato anche dal presidente della Repubblica. «Le intercettazioni sarebbe bene che restassero dove devono restare, in linea di principio, almeno fino a che c'è il segreto istruttorio», detto ieri Giorgio Napolitano a margine della cerimonia al Quirinale per la consegna dei premi De Sica. Nel pomeriggio, una nota ufficiale diffusa dall'ufficio stampa del Quirinale ha precisato che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato ai giornalisti di non potersi pronunciare sul caso delle conversazioni telefoniche intercettate, tra esponenti Rai e Mediaset, contenuti delle quali sono stati oggetto di pubblicazione sui giornali. Il capo dello Stato ha ritenuto di dover ribadire un'affermazione di principio sulla segretezza degli atti di indagine giudiziaria, che può non essere riferita al caso specifico, ma rimane incontestabile, ferma restando l'opportunità di approfondire l'iter che conduce alla pubblicizzazione di contenuti di conversazioni tra persone intercettate. Per il ministro della Giustizia, è necessario «garantire la libertà delle persone e la libertà va garantita facendo in modo che, tutto ciò che non rientra nello schema penale, non possa essere pubblicato». Clemente Mastella, al termine della riunione dell'ufficio politico dell'Udeur, ha detto di condividere l'intervento del presidente della Repubblica, che «molto autorevolmente ha detto cose che io avevo affermato qualche tempo fa», ovvero la necessità di rendere note solo i testi delle intercettazioni che hanno un collegamento diretto con le inchieste e che abbiano una rilevanza penale ai fini delle inchieste in corso. «Faccio appello alla deontologia dei giornalisti e ai magistrati - ha poi aggiunto il segretario dell'Udeur - perchè ognuno si dia da fare affinchè non ci siano fughe di notizie. Non intervengo nella disputa -ha puntualizzato- io mi fermo al metodo. Sono polemiche, quindi ognuno faccia le proprie valutazioni». Secondo Fausto Bertinotti, il servizio pubblico esce «come sfigurato» dalla vicenda Rai-Mediaset. «Ho letto le notizie su Rai e Mediaset con sorpresa e stupore, anche se credo che tutto debba essere preso con beneficio di inventario», ha aggiunto il presidente di Montecitorio, per il quale «c'è un problema di sudditanza culturale del servizio pubblico alla tv commerciale» e questo indipendentemente dalla vicenda delle intercettazioni. «Si vede - ha concluso - poca differenza tra pubblico e privato. Il servizio pubblico dovrebbe essere reinventato non a caso nel drammatico travaglio del lavoro degli ultimi anni non c'è mai stata un'inchiesta nei servizi Rai». Bertinotti, alla luce di ciò che emerge dalle intercettazioni, ritiene che «si rischi di cadere in un monopolio che sostituisce il sistema concorrenziale».

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