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La Cosa rossa è già a pezzi

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Ancheperché, ora che Confindustria è scesa in campo, è molto probabile che le divisioni si sanino. Certo, il fatto che Fabio Mussi e Alfonso Pecoraro Scanio abbiano votato un sì critico al protocollo, mentre Paolo Ferrero a Alessandro Bianchi si siano astenuti, non è secondario. Anche perché rispecchia fedelmente la situazione all'interno dell'ala radicale dell'Unione dove si affrontano, più o meno violentemente, due anime. Da un lato Verdi e Sinistra Democratica che, per ragioni diverse, mantengono un profilo più moderato, dall'altro Prc e Pdci che, un po' per necessità, un po' per vocazione, non riescono a rinunciare alla loro natura di partiti di lotta. Certo, dopo il Consiglio dei ministri, sia Mussi («Nel merito le nostre proposte sono molto simili») sia Ferrero («La Cosa rossa ha votato in modo differenziato, ma le motivazioni e le richieste di modifica sono le stesse»), sia Pecoraro Scanio («Continueremo l'alleanza arcobaleno mantenendo ferma l'autonomia di pensare e dare giudizi») hanno cercato di gettare acqua sul fuoco, ma il problema è tutt'altro che risolto anche perché si riproporrà, più o meno negli stessi termini tra una settimana. Il 20 ottobre, a Roma, Rifondazione e Comunisti Italiani scenderanno in piazza per manifestare contro tutte le precarietà e contro il protocollo sul welfare. Il rischio concreto è che, dopo il referendum, il corteo si trasformi in un flop (anche se gli organizzatori parlano di 350 pullman, 1 nave dalla Sardegna e 13 treni speciali che raggiungeranno la Capitale). Come se non bastasse il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ha già bocciato seccamente la manifestazione («forse, ormai, è una cosa identitaria o di protesta: ma di protesta contro chi e che cosa francamente non saprei») e ha fissato per il 22-23 ottobre il direttivo che servirà per valutare il voto e, dicono in molti, ridimensionare il ruolo della Fiom, vera sconfitta della consultazione. Prc e Pdci però, contano proprio sull'appoggio dei metalmeccanici per la riuscita della manifestazione. Certo d'altro canto, Rifondazione non ha nessuna intenzione di rompere con Sinistra Radicale che invece, è molto sensibile alle pressioni della Cgil (alcuni suoi esponenti sono organici al sindacato). Mentre i Verdi stanno cercando in tutti i modi di levarsi di dosso l'etichetta di «partito del no». L'unificazione delle sinistre, per ora, è lontana.

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