
Ancona, il Registro delle coppie civili divide l'Unione

A lungo rinviato, frutto di un confronto serrato su più mozioni alternative e vari emendamenti, il voto dell'assemblea consiliare è arrivato a notte fonda, dopo cinque ore di dibattito e grazie a una premessa al testo finale che riconosce «la centralità della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, così come definita dall' articolo 29 della Costituzione». Ventitrè i sì (Ds, Sdi, Re, Pdci, Verdi e Prc), e determinante quello di Rifondazione, che in città è all'opposizione; 18 i no: scontati i voti contrari di An, FI e Udc, imbarazzanti per la coalizione quelli della Margherita (che esprime il vice sindaco) e dell' Udeur. Il sindaco ds Fabio Sturani getta acqua sul fuoco, loda la «franchezza del dibattito» e assicura che la composizione della maggioranza non è in discussione. «La mozione - dice - esprime un indirizzo, un segnale politico, un invito al Governo, e con esso al Parlamento, a legiferare in materia». E, a scanso di equivoci, sottolinea che «la posizione assunta dal consiglio non equivale ad un'equiparazione tra le unioni di fatto e la famiglia, confermata come istituzione centrale della nostra comunità, con tutto il suo spessore maturato nei secoli, convalidato dalle tradizioni, dai legami sociali, affettivi, e da tante altre componenti che nessuno vuole sminuire o tanto meno rinnegare». Il registro delle unioni civili (previsto già nel programma elettorale della coalizione cittadina) garantisce insomma solo l' accesso «ai diritti e ai servizi» a minoranze «che esistono, e vanno riconosciute». Ma l'impegno a «realizzare una politica coerente e organica di sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio», inserito nella mozione messa ai voti (e proposta dal consigliere ds Andrea Nobili) non è bastato alla Margherita. Che prima ha presentato una sua mozione per rinviare l'istituzione del registro a dopo l'approvazione di una legge nazionale. E ora, per bocca del presidente Piergiorgio Carrescia, accusa «una parte dei Ds» di aver voluto spaccare la maggioranza. «Che non è in discussione», ma dovrà aprire «una riflessione su comportamenti e rapporti interni». Non solo; se il registro e il regolamento vedranno la luce prima della legge nazionale, Carrecia non esclude un referendum abrogativo, a norma di Statuto comunale. Opposte, ovviamente, le reazioni del mondo politico e delle associazioni: per la sottosegretaria ai diritti e alle pari opportunità Donatella Linguiti (Prc) «Ancona ha saputo tenere fede alla sua storia e alla sua lunga tradizione di città laica, solidale e democratica», esprimendo «un voto di civiltà». Al contrario, per i consiglieri regionali di FI e dell' Udc Giacomo Bugaro e Luigi Viventi hanno prevalso spinte «zapateriste», e la deriva verso una piena legittimazione di forme di convivenza diverse da quella basata sul matrimonio fra un uomo e una donna. L' Arcigay e Arcilesbica promuovono il sindaco e i consiglieri per aver dato prova di «grande maturità politica e sociale»; il Forum regionale delle associazioni familiari li accusa invece di aver aperto la porta «all' arbitrio e all' anarchia». Il registro delle unioni civili approvato ad Ancona non è che l'ultima di una serie di iniziative prese negli ultimi anni dai comuni italiani. Anche se finora non sembrano molti i riscontri sul piano pratico, visto che il numero delle coppie iscritte è generalmente limitato e che i maggiori vantaggi sembrano passare, piuttosto, dalle leggi regionali che, in modo più o meno ufficiale consentono, alle coppie di fatto di accedere ad agevolazioni di vario tipo. I primi registi delle unioni civili sono nati in Toscana: a Pisa nel 1996, per esempio, ma da allora ci sono state solo una quarantina di iscrizioni, fra cui cinque di coppie omosessual
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