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Udeur e Margherita in difesa della «middle class»: «Non votiamo nemmeno con la fiducia»

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Sulla Finanziaria, è guerra all'interno della maggioranza di centrosinistra e il governo Prodi, attaccato su più fronti - ieri il presidente del Consiglio è stato ascoltato alla Camera sull'affaire Telecom - adesso vacilla. Tenerlo in piedi è sempre più difficile. La manovra presentata dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, infatti, proprio non va giù ai partiti moderati dell'Unione. E a nulla valgono gli appelli del ministro per i Rapporti col Parlamento Vannino Chiti (Ds) che invita i partiti di maggioranza a essere uniti («La Finanziaria è un passaggio importante per il governo, per la maggioranza e per il Paese, e c'è bisogno di coesione») e attacca more solito la Cdl («Gli italiani devono sapere che, per il fallimento della destra e della finanza creativa di Tremonti, servono 15 miliardi solo per arrivare al risanamento dei conti»). A scagliare la prima pietra è il ministro della Giustizia Clemente Mastella. I leader dell'Udeur dice senza mezzi termini di non essere intenzionato a votare la Finanziaria, qualora dovesse rimanere così com'è. «Se la Finanziaria è per azzannare i presunti ricchi, vale a dire il ceto medio - confessa Mastella - noi non la votiamo, neanche con il voto di fiducia». Rincara poi la dose, il Guardasigilli: «Non si può fare una Finanziaria telenovela, della serie "anche i ricchi piangono". Mi auguro che non pianga nessuno. Bisogna intendersi: qual è la categoria ricca? Noi non crediamo che la categoria ricca sia il ceto medio. Chiunque pensa all'esproprio proletario della presunta categoria dei ricchi troverà la nostra ferma opposizione. La mia tradizione è cattolico-democratica e democratica-cristiana. Non ci sto proprio ad azzannare il ceto medio». Chiaro il riferimento ai partiti dell'estrema sinistra, da Rifondazione ai Comunisti Italiani. Compatti, si schierano con Mastella i parlamentari dell'Udeur, a partire dal capogruppo alla Camera Mauro Fabris. Contro la Finanziaria si scaglia anche l'Italia dei valori del ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. Il capogruppo a Montecitorio Massimo Donadi attacca duramente l'innalzamento dell'aliquota al 43 per cento per chi guadagna da 40 mila a 70 mila euro l'anno. È questa la gabella che proprio non va giù. Il balzello che suona come una mazzata sul capo del ceto medio. «Ognuno è libero di gettarsi giù dal dirupo - spiega Donadi - ma non può chiedere agli altri di seguirlo. Il dirupo è l'aliquota al 43 per cento per chi guadagna tremila euro al mese. Noi così non ci stiamo e una simile Finanziaria non la voteremo». A Udeur e Idv si aggiunge il secco dissenso della Margherita. Sembrano proprio i Dl i più arrabbiati. La Finanziaria va, infatti, a colpire quella sacca di elettori più vicina al partito del vicepremier Francesco Rutelli. Quell'elettorato, per capirci, maggiormente mobile e volubile, che più facilmente passa dal centrosinistra al centrodestra - e viceversa - determinando la vittoria dell'uno o dell'altro Polo. Proprio Rutelli, già martedì sera, aveva sollevato diverse obiezioni in proposito al ministro dell'Economia. Quindi, il leader della Margherita ha riunito tutti i suoi ministri con i quali c'è stata piena unità d'intenti: così com'è la Finanziaria non si vota. L'accennato innalzamento dell'aliquota e dei contributi degli autonomi colpiscono esattamente il ceto medio, cioè l'elettorato della Margherita. Come se non bastasse, nella Finanziaria mancano alcuni punti irrinunciabili per i Dl: il Sud, le risorse per il turismo, l'innalzamento degli assegni familiari a tutte le famiglie, non solo a quelle povere. Per non parlare dei pesanti taglia a un dicastero «forte» della Margherita come quello di Fioroni: la scuola. Il governo Prodi vacilla. E potrebbe essere proprio l'area centrista della coalizione a tendergli l'imboscata stavolta.

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