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Berlusconi e Casini: «Il nemico è l'Unione»

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Al congresso del Partito Popolare Europeo i due leader si stringono contro l'opposizione

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Quella tra il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e il premier Silvio Berlusconi. I due, parlando davanti alla platea del Ppe riunito a Roma per celebrare il suo 30° congresso del partito, sono sembrati in assoluta sintonia. Anzi hanno perfettamente interpretato il ruolo delle «due facce di una stessa medaglia»: quella della Cdl. Insomma siamo diversi, ma abbiamo un comune nemico: la sinistra. L'onore di presentarsi per primo davanti ai 220 rappresentanti del «partito del popolo europeo» spetta al Presidente del Consiglio. Il premier arriva poco dopo le 9 e dribbla la folla di giornalisti italiani che lo attende all'ingresso dell'hotel Cavalieri Hilton. Poi, dopo aver incassato gli auguri del presidente del gruppo del Ppe Hans Gert Poettering che ha detto di sperare in «una vittoria del centrodestra alle prossime elezioni», prende la parola e parla della campagna elettorale. Una campagna difficile, segnata da una stagnazione economica che favorisce l'opposizione. Questo non significa, spiega Berlusconi, che il 9 aprile la Cdl perderà. «Ho fiducia nell'intelligenza dei cittadini italiani che non hanno mai votato la sinistra comunista in 60 anni di storia». Quindi il premier parte con la sua lunga requisitoria contro i comunisti che controllano tutti i gangli del potere e con l'elencazione minuziosa delle cose fatte in questi cinque anni di governo. C'è anche il tempo per criticare gli effetti dell'introduzione dell'euro sui prezzi (cosa che gela un attimo la platea). A questo punto Berlusconi mostra ai delegati il Corriere della Sera, «primo quotidiano italiano di proprietà di banche e di gruppi industriali che evidentemente hanno la loro convenienza a fare accordi con la sinistra», che ieri apriva la prima pagina con lo stesso identico titolo dell'Unità, «la gazzetta ufficiale del Pci». «Del resto - aggiunge - è essa stessa, la sinistra, un intreccio di politica e affari, con le loro giunte locali, la lega delle cooperative che possiede il 7% del pil. Si tratta di un conflitto di interessi inaccettabile». Sarà un caso, ma dopo mezz'ora che il premier ha lasciato il Cavalieri Hilton arriva Pier Ferdinando Casini in ritardo per aver partecipato ad una trasmissione radiofonica. La differenza tra i due è evidente. Casini entra dall'ingresso principale accompagnato dall'amico spagnolo José Maria Aznar e sale sul palco accolto come un vecchio amico. Quando prende la parole per un breve saluto il tenore è completamente diverso da quello di chi lo ha preceduto. Casini vuole distinguersi dal Cavaliere, non parla del lavoro fatto e punta dritto sui valori. «Dobbiamo dare all'Europa - dice - un'anima, che è quella che rischia di mancare alla politica». Poi ammette di non essere stupito dall'appello di Poettering. «In tutta Europa - dice - si vuole un centro che vince contro la sinistra. Non c'è niente di clamoroso che i nostri amici auspicano una nostra vittoria così come i socialisti fanno con Prodi». Per il resto nessuna polemica con il Cavaliere. Davanti agli amici del Ppe occorre mostrarsi uniti. Diversi sì, ma uniti.

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