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Epifani: «È stata una protesta sacrosanta»

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Per Cgil, Cisl e Uil l'adesione ha sfiorato l'80%. Il governo: «Nelle aziende solo il 25%»

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È questo il bilancio di Cgil, Cisl e Uil sull'andamento dello sciopero generale di ieri. Sull'adesione allo sciopero si è registrata la consueta guerra di cifre. Secondo il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, la percentuale scende al 25 per cento «nelle realtà industriali più strutturate e sindacalizzate» ed è ancora più bassa se si considera che «la grande platea di imprese è di piccole e piccolissime dimensione». E si arriva addirittura al 14,8 per cento nel pubblico impiego (in particolare, al 7,11 per cento nella sanità), afferma il ministro della Funzione Pubblica Mario Baccini. I sindacati, invece, parlano di una mobilitazione «straordinaria», nonostante il maltempo si sia accanito su gran parte del Paese. Perché — osservano — sono state condivise da milioni di lavoratori, giovani e pensionati le ragioni della protesta. Contro una Finanziaria che — insistono — non affronta i problemi del Paese, non tutela i redditi da lavoro e pensione, taglia risorse e trasferimenti agli enti locali, con pesanti effetti sui servizi, e dimentica il Sud. Le manifestazioni provinciali in tutta Italia sono state oltre sessanta. Secondo le cifre diffuse dagli stessi sindacati, sono stati 80 mila i partecipanti in piazza a Roma, dove ha parlato il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani; 100 mila a Milano, che ha visto l'intervento del segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta; e 30 mila a Palermo, dove ha parlato il numero uno della Uil, Luigi Angeletti. «Non si creda che siamo rassegnati o all'angolo», è stato il messaggio inviato al Governo da Epifani, secondo il quale c'è stata «una bella risposta del Paese». Epifani ha difeso la scelta dello sciopero, giudicato «sacrosanto», di fronte ad un Governo «sordo, che ha sbagliato tutto e continua a sbagliare». Come ha fatto anche con la vicenda del Tfr, dove ha «prevalso il veto delle assicurazioni e il conflitto d'interessi». Un Governo che ha fatto una Finanziaria che è «tutta un taglio». «Si tagliano risorse a sanità, scuola, ricerca e università — ha detto — si tagliano i trasferimenti ai Comuni e si dimezza il fondo sociale nazionale. Si tagliano poi risorse per la cultura, il turismo, lo spettacolo, le infrastrutture». E poi c'è il Mezzogiorno «totalmente cancellato». Sul quale è intervenuto anche Pezzotta, lamentando la scarsa attenzione ai problemi del Sud, anche alla luce dei possibili effetti della riforma federalista da poco varata. «Siamo in piazza — ha affermato, quindi, Pezzotta — contro una Finanziaria dannosa per lavoratori e pensionati e inutile per lo sviluppo del Paese. Siamo in piazza perché abbiamo una idea di Paese assolutamente diversa da quella che il governo sta portando avanti». Per Angeletti, siamo di fronte ad una Italia a doppio binario, «con i ricchi che aumentano i propri patrimoni e possono evadere il fisco e i pensionati e i lavoratori dipendenti, cioè i due terzi degli italiani, che vivono con grande fatica e pagano il 70 per cento delle tasse pur producendo la metà della ricchezza del Paese». In piazza anche esponenti dell'opposizione. A marciare con Epifani il segretario dei Ds, Piero Fassino, secondo il quale è stata una manifestazione che ha dato «voce al malcontento di milioni e milioni di italiani per una situazione economica critica per responsabilità del governo». E anche secondo il leader dell'Unione, Romano Prodi, «quella di oggi è una protesta sacrosanta contro la disastrosa politica economica e finanziaria di questo governo».

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