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Mantovano: «Se vince il sì l'Italia avrà anche i matrimoni gay» Più sfumate le posizioni di La Russa e Gasparri, Storace non commenta Allo scoperto i nuovi quarantenni

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Ma il leader della destra va anche oltre e fustiga pesantemente i suoi. La reazione è dura, soprattutto da parte del ministro Gianni Alemanno che accusa il suo leader. È questa in sintesi la giornata politica sul fronte referendario, che ha vissuto la maggiore tensione dentro An. Tutto parte da un'intervista rilasciata da Gianfranco Fini al Corriere della Sera. «Non ho dubbi sulla legittimità dellastensione», ma «politicamente è un segno di debolezza». E spiega: «Viviamo in uno Stato laico e come cittadini non siamo chiamati ad un atto di fede. Non bisogna però polemizzare con la Chiesa. Ma non andare a votare è sbagliato e diseducativo, perché non responsabilizza la pubblica opinione». Fini confessa di essersi sentito, «al pari di tanti altri, vittima di attacchi. E denigrare posizioni diverse dalla propria con argomentazioni che prescindono dal merito, offende. Invece di discutere si è usata la clava. Proprio su un tema in cui i politici avrebbero dovuto fare un passo indietro, è accaduto il contrario». E, sibillino, al giornalista che gli chiede se la sua leadership sia minacciata, risponde: «Per la posizione che ho preso sui referendum, non credo. Poi, se ci sono altre motivazioni, sono pronto a confrontarmi». Il primo a reagire è Publio Fiori, che parla di «mutuazione genetica» di An e «dissoluzione» del partito. «Fini - dice - non può invocare una presunta libertà di coscienza, facendosi scudo di una strana concezione della politica, ridotta all'amministrazione condominiale». Le parole Fini, rimarca Fiori, «rendono definitiva la sua rotta di collisione rispetto ai valori fondanti di An, stabiliti una volta per tutte a Fiuggi». «Oggi in An - incalza - ognuno è libero di fare le proprie scelte: una volta rotto il patto fondativo, i legami sono ormai sciolti». Il più duro è Alemanno: «È inaccettabile considerare l'astensione diseducativa. Come da parte nostra c'è sempre stato rispetto per le posizioni del vicepresidente del Consiglio, così pretendiamo un rispetto non di maniera per le posizioni di chi si è schierato sul fronte dell'astensionismo attivo». Anche l'ex fedelissimo il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano si dice addirittura «sconcertato»: «Non sono in discussione - mette in chiaro - la scala mobile o il ministero del Turismo; ma la salute della donna e la tutela dell'essere umano». Secondo l'esponente pugliese di An, inoltre, «la vittoria dei sì equivarrebbe ad anticipare l'affermazione di un fronte libertario e di sinistra simile a quello oggi al governo a Madrid. Con la conseguenza, se la sinistra vincesse le elezioni, che a Roma si proverà a proiettare il medesimo film da 15 mesi in onda oltre i Pirenei: matrimonio fra gay, adozione per i gay, registro del sesso, divorzio a due mesi. Anche questa - chiede Mantovano - è materia da "libertà di coscienza"?». E proprio mentre Fini si sta avviando alla presentazione del libro di donna Assunta Almirante arriva la stoccata di Mirko Tremaglia: «È veramente incredibile che sia proprio Fini a usare questi termini ("diseducativi" e "deresponsabilizzazione" ndr), lui che ha voluto e votato quella legge e lui, proprio lui, che in sede di referendum vorrebbe cambiarla coi suoi tre sì. Almeno Almirante fu più serio». Più sfumata la posizione di Ignazio La Russa: «Ha ribadito argomenti già espressi». Diplomatica quella di Maurizio Gasparri: «Il partito ha scelto la libertà di coscienza». Con Fini solo i ministri Matteoli e Landolfi. Quest'ultimo afferma: «Nel partito non c'è tensione, le posizioni che si prenderanno sono tutte legittime». Ma anche un gruppo di quarantenni, vicini a Matteoli: «Condividiamo la posizione di Fini sul referendum e condanniamo gli attacchi portati avanti da esponenti di An e della Cdl contro di lui», affermano i deputati Enzo Raisi, Nino Strano e Giuseppe Scalia, i nuovi emergenti. Che spiegano che le parole di Fini «inter

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