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Fini: «La sinistra non può darci nessuna lezione di moralità». Infuocato question time alla Camera Il 20 toccherà a Silvio Berlusconi

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Sono quasi le quattro del pomeriggio quando anche Antonio Martino sbotta. Per tutto il tempo del question time ha cercato di rispondere alle richieste delle opposzionio «stando ai fatti», come dirà più avanti. Ovvero rispondendo punto su punto alle richieste del centrosinistra. Ma è impossibile, la situazione da qualche minuto è sfuggita di mano. Si arriva presto agli insulti. L'ultimo, quello del comunista Oliviero Diliberto: «O siete corresponsabili o sguatteri degli Stati Uniti». Nell'aula di Montecitorio il clima è già infuocato, Martino prova a tenere testa all'assalto dell'opposizione. Poi si scivola nell'insolenza, il ministro della Difesa insiste nel cercare di mantenersi alla descrzione dei fatti. Gli si avvicina Gianfranco Fini, e gli sussurra in un orecchio: «Antonio, attacca; rispondi politicamente». E Martino tira fuori gli artigli. Prima di quel momento aveva cercato di spiegare anzitutto a Piero Fassino (l'unico che resta nell'alveo politico). Il titolare del dicastero di via XX settembre ribadisce che «il Governo è rimasto sorpreso e sdegnato nell'apprendere notizie (sulle torture, ndr) di cui era completamente all'oscuro e per fatti inimmaginabili ed imprevedibili, che condanna fermamente». «Desidero sottolineare - aggiunge - che nessun rapporto della Croce Rossa Internazionale è stato mai trasmesso al Governo, conformemente alla regola che i risultati delle visite ispettive della Croce Rossa formano oggetto di rapporti e valutazioni riservati ed esclusivi fra il Comitato e le Autorità dei Paesi sotto la cui giurisdizione ricadono i siti oggetto delle ispezioni. Né tantomeno altre organizzazioni internazionali ci hanno mai fornito informazioni su simili episodi». Afferma quindi che l'Italia non li poteva conoscere perché avvenuti in luoghi che non sono sotto la giurisdizione dei nostri militari, il governo li «condanna con sdegno» e farà «accertamenti in tutte le direzioni». Fassino replica che quella del ministro è una risposta «deludente e insoddisfacente (lo interrompe un deputato di An: «Parlaci del decapitato»), anche perché non coglie la gravità della situazione, c'erano tutti i presupposti per sapere». Quindi il battibecco con Diliberto, che conclude con un «Vergogna, ministro». Al termine della seduta Fini approva la tenuta di Martino: «Siccome nessuno della sinistra ci può impartire lezioni morali, ho suggerito al ministro di usare gli argomenti che ha usato. Lui era d'accordo. E la maggioranza, come si è visto, lo ha sostenuto visibilmente. Dall'ultrasinistra si sono sentite parole infami». E ribadisce l'impegno affinché le nostre truppe restino in Iraq: «Se ce ne andiano - si domanda Fini - come si fa a non capire che condanniamo quel popolo al martirio?». L'opposizione insiste nel considerare le risposte del governo «reticenti» e anche «sconcertanti». Il prossimo passo, appare certo ormai, sarà il voto unico sulla mozione che chiederà il ritiro delle truppe italiane. Se ne riparlerà il 20 maggio, tra una settimana, quando Silvio Berlusconi in persona, al suo ritorno dalla visita proprio negli Stati Uniti (ma prima di quella di Bush in Italia, il 4 giugno) riferirà in aula alla Camera, come vuole la Lista Prodi. Sarà un altro festival elettorale. F. D. O.

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