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Il leader di An: «Leggete bene quel che ho detto». Storace insiste: «Faccia una mossa più chiara»

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La Mussolini non torna indietro. La controffensiva del vicepremier: «Sono tutti con me, devo solo avere il tempo di spiegare» Fini manda una lettera ai suoi militanti

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Il ragionamento che sta facendo con i suoi fedelissimi è grosso modo sempre lo stesso: «Leggano bene quello che ho detto. Sono stato chiaro. Ho condannato le pagine nere del fascismo. Sono dieci anni che lo diciamo. Non ho condannato tutto il fascismo e neppure tutta Salò». Per il leader di An, insomma, c'è stato un malinteso sulle sue parole. Per questo, due giorni fa, per rispondere alle critiche interne e alle proteste dei militanti, aveva preparato un testo scritto. Scritto a penna, su carta intestata: «il vicepresidente del consiglio di ministri». Lo aveva scritto di suo pugno, con la sua grafia minuta, stretta stretta. E quel testo (non a caso pubblicato integralmente ieri dal Secolo) sarà alla base delle lettera che il leader invierà a tutti gli iscritti di Alleanza nazionale (dopo quella di Berlusconi sulle pensioni). Forse tra i destinatari ci saranno anche i «simpatizzanti» sia di estrema destra che i moderati. L'obiettivo è inviare alcune centinaia di migliaia di copie (forse anche un milione) della lettera le cui bozze sono già state inviate ad una tipografia romana. Due i punti fondamentali della missiva. Il primo è: ci stiamo muovendo nella linea disegnata a Fiuggi, quindi non esiste alcun tradimento. Il secondo invece: non lo sto facendo per tornaconto personale, altrimenti non mi sarei iscritto ad An nel 1969. Nel merito si ribadiscono le parole pronunciate a Gerusalemme. Condanna totale dell'antisemitismo e, dunque, anche delle pagine vergognose del fascismo. Ma non di tutto. Insomma, non il «fascismo fu male assoluto» ma «male assoluto furono le leggi razziali per esempio». Ma la lettera è un po' come correre ai ripari forse per colpa di una sottovalutazione. Non è una novità. Lo stesso leader, durante la manifestazione a Milano del 9 novembre scorso, quando venne fischiato dai suoi stessi militanti (un sparuto numero, in verità) chiese ai suoi: «Ma chi sono quelli? Leghisti infiltrati?». «No, Gianfranco, sono dei nostri», gli risposero. Tornando a ieri, Francesco Storace, invece, esclude ogni ipotesi di scissione annunciando che illustrerà il suo progetto politico mercoledì prossimo, in una manifestazione organizzata a Roma. Storace a Fini propone un compromesso. Il vicepremier, cioè, potrebbe «fare una mossa per rasserenare il clima». Se Fini «dicesse con umiltà che le sue parole erano riferite soltanto alle leggi razziali, allora io mi toglierei il cappello e mi metterei al tavolo a discutere con lui». Ma avverte: se per candidarsi alla presidenza del consiglio Fini ha proposto il voto agli immigrati ed ha sancito lo strappo con il fascismo e la Rsi, ponendosi in contrasto con una larga fetta del partito, «dubito che ci siano quei consensi per diventare presidente del Consiglio». A Fini Storace rimprovera di aver attribuito ad An, con le affermazioni fatte a Gerusalemme, delle «responsabilità che non abbiamo». Ora, comunque, per il governatore del Lazio occorre che nella destra ci sia quella discussione che non c'è stata prima del viaggio di Fini in Israele.

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