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Enrico Mentana, post fiume azzera la sinistra: "Dopo 30 anni a combattere Berlusconi..."

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Qual è il futuro della sinistra? È questa la domanda che dà avvio a un post fiume, pubblicato da Enrico Mentana sui suoi profili social. Attraverso un'attenta analisi dell'era berlusconiana, il giornalista immagina gli scenari politici venturi e inchioda le responsabilità di leader che profetizzano grandi risultati e non offrono soluzioni concrete. "Quando Silvio Berlusconi 'scese in campo' la sinistra era il luogo della difesa dei più deboli, il Pds (allora si chiamava così) era il partito più votato nelle periferie urbane e tra gli operai, nella prospettiva di una maggiore giustizia sociale e nella tutela delle conquiste già raggiunte da quella parte della sinistra che aveva partecipato ai governi del paese. Trent'anni dopo le forze della sinistra sono del tutto minoritarie nelle periferie e tra i ceti più deboli, e invece sono maggioritarie nei centri storici delle grandi città", così esordisce Mentana che scatena il plauso di molti lettori. 

 

"Sei lustri vissuti a combattere il 'cavaliere nero' ne hanno trasformato connotati e rappresentanza sociale. Non è successo solo in Italia, certo. Ma qui da noi più che altrove quelle forze hanno offuscato la loro tradizionale ragion d'essere, nell'illusione che bastasse la contrapposizione antropologica alla destra ricca, potente e prepotente di Berlusconi", scrive il direttore del TgLa7 che spiega come la sinistra ha governato solo quando ha perso il Cav. "Oppure insieme a lui, 'nell'interesse del paese', per poi essere sistematicamente punite dagli elettori". Insomma, hanno basato la loro linea sull'antberlusconismo "senza elaborazione di una linea alternativa, senza una narrazione di futuro". 

 

Il lungo sfogo del giornalista, poi, lascia spazio a una sequenza di interrogativi secchi, diretti: "Quali sono gli obiettivi della sinistra di oggi? Che futuro indica? Come spiega a se stessa la sconfitta storica del settembre scorso? Per quest'ultima domanda la risposta è facile: non la spiega. Non c'è stata riunione o assemblea in cui si sia discusso sull'argomento. Ma se non ti votano le periferie, se non ti seguono i ceti più disagiati, se fai incetta di voti nei quartieri alti qualche quesito te lo dovrai pur porre, o no?". Scomparso l'antagonista, tornano le antiche debolezze della sinistra: "Si è già visto che il nuovo riflesso identitario, quello più classico antifascista nei confronti del 'melonismo' non può bastare, allo stesso modo del precedente, e anzi di più, perché la premier non ha conflitti di interessi, strapotere economico, imperi mediatici", afferma Mentana. 

 

Quindi il direttore del Tg La7 chiama in causa la diretta interessata, la neosegretaria del Pd Elly Schlein, e la riporta alla realtà dei fatti: "Il lavoro che ha davanti a sé Elly Schlein è immane: costringere a studiare, a discutere, a costruire una linea compiuta un partito che sempre si è illuso che le cose tornassero a posto da sole". Il Pd deve ripartire da "popolo e ideali, idea di futuro e strategia" spiega il giornalista che conclude con la "cartolina" dei dirigenti dem ed ex segretari ai funerali di Berlusconi al Duomo di Milano: "Schlein, Renzi e Gentiloni, De Luca, Emiliano e Franceschini". E ora?

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